Nella «generazione di fighette» che sta «rammollendo» l’America, denunciata qualche giorno fa da Clint Eastwood, non rientrano certamente Chesley «Sully» Sullenberger e Desmond Doss.

Nomi probabilmente sconosciuti ai più, soprattutto in Italia, ma che diventeranno presto famosi, anche da noi, grazie a due pellicole di prossima uscita sul grande schermo, ovvero Sully, diretto, guarda caso, dall’inossidabile Clint e Hacksaw Ridge, in procinto di approdare a Venezia, con regista Mel Gibson. Sembrerebbe una scelta non casuale il voler raccontare proprio la storia di questi due «supereroi» moderni – soprattutto il dietro le quinte e il peso psicologico dei loro gesti – da parte di due registi conservatori, come a dire all’America che si accinge a votare che sono questi i modelli a cui fare riferimento: altro che pussy generation.

Con Sully, Clint Eastwood appende un altro quadro nella sua pinacoteca di eroi americani, personaggi che incarnano il vero spirito della nazione. Dopo l’omaggio a Chris Kyle, il cecchino più letale della storia Usa, protagonista del precedente patriottico American Sniper (ovviamente ignorato dall’Academy, ma premiato dal pubblico che ne ha fatto il film di guerra col più alto incasso di sempre) è ora la volta del pilota statunitense Chesley «Sully» Sullenberger (che sarà interpretato da Tom Hanks), colui che compì, il 15 gennaio 2009, il «miracolo sull’Hudson», come venne battezzata la sua incredibile manovra aerea che salvò la vita a 155 persone. Quel giorno, infatti, l’uomo era ai comandi dell’Airbus A320, appena decollato dall’aeroporto di La Guardia, e stava transitando sopra New York, a 800 metri d’altezza. Purtroppo, l’aereo si scontrò con uno stormo di uccelli che mandò due motori in avaria. «Non ci fu tempo di reagire» confessò il pilota veterano nella sua autobiografia Highest Duty: My Search for What Really Matters, sulla quale è basata la sceneggiatura del film. «L’odore degli uccelli che bruciavano riempì la cabina, così come ci raggiunse il suono dei motori che si guastavano». Insomma, ci volle del gran sangue freddo per gestire una situazione improvvisa, drammatica, del tutto nuova per lui. Il capitano capì quasi subito che non avrebbe avuto il tempo per tornare indietro (anche a causa del forte vento) o per far atterrare il velivolo in un luogo sicuro. A 400 metri, prese la decisione drastica di trasformare il fiume Hudson in una pista d’atterraggio dove portare l’aeroplano lungo 37,6 metri. Con bravura riuscì nell’impresa di farlo planare sull’acqua e senza vittime (a bordo erano presenti 150 passeggeri e 5 membri dell’equipaggio). Un miracolo, appunto.

Quasi subito, il capitano venne eletto a «eroe nazionale» per il suo grande coraggio e per l’abilità professionale dimostrati, ma un’indagine, come mette bene in luce la pellicola di Eastwood, rischiò di infangare la sua reputazione e di porre fine alla carriera. Come si può già vedere dal trailer italiano appena rilasciato (il film uscirà negli Usa il 9 settembre mentre da noi arriverà nelle sale solo il 15 dicembre, con grande gioia dei pirati informatici) a «Sully» venne fatto notare che «poteva tornare in aeroporto», anche perché «il motore di sinistra funzionava ancora». La motivazione sulla decisione presa di non rientrare a La Guardia la fornisce il pilota sempre nel già citato libro: «Sapevo che se avessi scelto di tornare indietro, passando per una zona densamente popolata, avrei dovuto essere sicuro che potevamo farcela… Ho anche considerato il fatto che avremmo probabilmente avuto bisogno di uno sforzo non comune di soccorso. Sapevo che le risorse di soccorso acqua a La Guardia erano una piccola frazione di quelle disponibili sull’Hudson, tra Manhattan e New Jersey». Anche se i dubbi sulla decisione presa lo tormentarono, come dimostra una sequenza del film, con Tom Hanks che si domanda «se non ho messo a repentaglio la vita di quella gente».

Eroe come lo fu Desmond Doss, protagonista di Hacksaw Ridge (esce negli Usa il 4 novembre, da noi, Venezia a parte, ancora non si sa), firmato da Mel Gibson. Doss fu il primo obiettore di coscienza a ricevere la medaglia d’onore (dal presidente Harry S. Truman) per aver salvato, durante la Seconda guerra mondiale, ben 75 soldati impegnati nella battaglia di Okinawa, esponendosi al fuoco costante del nemico. Particolare non da poco, che dimostra la grandiosità del suo gesto, l’uomo si arruolò volontariamente, lavorando come medico, nell’aprile del 1942, pur rifiutandosi, per la sua appartenenza alla Chiesa Avventista del Settimo Giorno, di uccidere, sparare colpi o portare delle armi nei combattimenti. «Mentre tutti saranno là fuori a eliminare vite, io sono qui a salvarle». Dal trailer, rilasciato di recente, si vedono i conflitti inevitabili nel conciliare fede a conflitto armato. Scelta poco compresa, come dimostra una frase del suo superiore: «Questo non c’entra con la religione, ma con l’essere codardi». La sua grandezza è stata anche resistere a queste pressioni psicologiche per non deviare dalle proprie convinzioni. Una bella lezione per l’America di oggi. Doss è curiosamente interpretato nel film da Andrew Garfield, ovvero l’Uomo Ragno del nuovo reebot, personaggio dei fumetti famoso per aver ricevuto in dote, da suo zio Ben, la frase: «Da un grande potere derivano grandi responsabilità», motto che sintetizza, in modo splendido, le vite di Chesley «Sully» Sullenberger e Desmond Doss.