the-end1E adesso come la mettiamo con tutti gli endorsement dei divi di Hollywood? Con la lista delle 167 star che hanno appoggiato pubblicamente la Clinton, la candidata alla Casa Bianca con il maggior numero di testimonial della storia? Le stelle, per quattro anni, staranno a guardare, interrogandosi sul loro reale appeal sulla gente, pari a zero. Da DiCaprio a Clooney, da De Niro a Hoffman, da Damon a Penn (e mi fermo qua), tutti hanno fatto a gara per salire sul carro del presunto vincitore, ritrovandosi a piedi. A questi, aggiungeteci i “grandi elettori” del mondo musicale, sorpresi, sconvolti, increduli (come, ad esempio Madonna, che la vittoria di Trump ha lasciato a bocca aperta) e vedrete che lo scorsa notte si è materializzata una verità ai più invisa: lo star system conta in politica come il due di coppe quando la briscola è bastoni. A cosa è servito mandare messaggi sempre più espliciti e meno subliminali nei film? Mostrare thriller con (casualmente, of course) protagoniste candidate alla presidenza donne, ovviamente positive (mi riferisco a La notte del giudizio: Election Year), che avevano la meglio sul becero candidato maschio guerrafondaio e violento? E che dire del film strappalacrime che racconta la storia del primo appuntamento tra Obama e la sua Michelle (da noi esce la prossima settimana)? Insomma, loro ci hanno provato, fino alla fine, ma gli americani hanno scelto diversamente. Andranno a vedere i loro film, li apprezzeranno come attori, ma finisce qua. Quando si tratta di decidere del proprio destino politico, non c’è divo che tenga. Che Hollywood se ne faccia una ragione.

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