the-end1Nel mio commento alla notte degli Oscar, pubblicato oggi, sulla prima pagina del Giornale, ho messo in evidenza come l’intera manifestazione si sia tradotta in una chiara presa di posizione di Hollywood contro il presidente Trump. Persona che, mi risulta, sia stata eletta democraticamente con il voto e non dietro colpo di stato. Eppure, nella Mecca del cinema, la cosa non va giù. Come si sono permessi, questi elettori, di non far vincere la nostra Hillary? Quale occasione migliore della serata delle statuette per esprimere il proprio dissenso. In una maniera del tutto sottile. Non, cioè, con proclami o discorsi politici, come avvenne, per intendersi, lo scorso anno. No, l’Academy ha scelto un modo diverso per eleggersi ad enclave della rivolta contro il neo eletto presidente: premiando i film con le tematiche più antitrumpiane possibili. Non a caso, quindi, è stato scelto Moonlight, film su un omosessuale di colore, che vive nella periferia di Miami, tra spaccio, famiglie allargate, bullismo, machismo. Il che fa presagire che, da qui ai prossimi quattro anni, l’agenda a Los Angeles sarà consacrata a sviluppare soggetti che andranno contro a tutte le tematiche più care ai Repubblicani. Vedrete, ad esempio, come si moltiplicheranno le storie di immigrati che hanno fatto grande l’America. Come a dire, guardate per colpa di Trump quali grandi occasioni perderà il nostro paese. Eh sì, cari amici del blog. Se una volta si manifestava davanti alla Casa Bianca, adesso ci si infila il tacco 12 e si sfila sui red carpet, con il fiocchetto azzurro in bella mostra, indossando abiti costosissimi, per sostenere le idee Liberal. Le uniche che vengano riconosciute come sacrosante, scolpite sulle Tavole. Perché loro, a parole, sono contro il razzismo, a favore dell’uguaglianza e dell’accoglienza, per carità, tutti temi importanti e sensibili che vanno trattati, nel giusto modo, rispettando la dignità dell’altro; però, guarda caso, questi paladini del politically correct, distruggono chi la pensi in maniera differente, lo denigrano, usano un happening mondiale, come quello degli Oscar, che appartiene a tutti, per ridicolizzare l’avversario, sempre con quel senso di superiorità, morale e intellettuale che hanno nel DNA. Parlano e si alzano in piedi per applaudirsi a vicenda. Si premiano, si spalleggiano, si beatificano. E chi non si allinea al coro, viene volutamente ignorato, come capitato a Clint Eastwood e al suo meraviglioso Sully, scomparso dalle Nomination che contano. La “pussy generation” la trionferà

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