Iniziamo questo aggiornamento trimestrale, dal dato degli acquisti di Oro del 2018 delle Banche Centrali. Con 651 tonnellate (75% in più rispetto al 2017) si registra il valore più alto dalla fine del sistema Bretton Woods (1971), quando fu interrotta la convertibilità del dollaro in Oro. Il 58% degli acquisti sono stati realizzati dalle banche centrali di Russia, Turchia e Kazakistan. Anche alcune banche centrali europee hanno aumentato le loro riserve auree, tra queste l’Ungheria e la Polonia.
> Dal 2010 al 2018, gli acquisti netti (comprensivi delle vendite) delle banche centrali sono stati pari a 4300 tonnellate di Oro (139 milioni di Once) con Russia e Cina che si sono accaparrate il 75% di quest’ammontare. Tale tendenza, difficilmente potrà cambiare e ciò è in larga parte motivato dalla politica di bilancio americana, fuori controllo da ormai troppo tempo. Il debito pubblico USA che era pari a 5 trilioni nel 2000, è raddoppiato a 10 trilioni nel 2008, per raddoppiare ulteriormente a 20 trilioni nel 2017. Alla fine di Marzo del 2019 ha superato i 22 trilioni e si prevede che il budget federale USA chiuderà l’anno in deficit per circa 1 trilione di dollari.
> Anche per questo, negli ultimi 6 anni, la percentuale di debito americano detenuto dagli investitori internazionali è scesa dal 50% al 40%. Inoltre, dal 29 Marzo 2019, la BRI (la banca delle banche centrali) ha cambiato le regole sull’Oro, decidendo che l’Oro presente nei portafogli delle banche sia trattato come attività Risk Free e quindi equivalente al cash. Pur non essendo certamente un ripristino del Gold Standard che probabilmente mai avverrà , è comunque il primo segnale dopo quasi 50 anni che l’Oro torna a essere moneta per il sistema bancario.
> Il mercato aveva tuttavia da tempo iniziato ad accumulare Oro e Argento e ciò risulta evidente, analizzando la domanda di investimento di metallo fisico degli ultimi dieci anni (2009-2018) e confrontandola con quella dei dieci anni precedenti (1999-2008). La stima, senza includere gli acquisti di ETF/Future o prodotti similari, indica valori 4 volte superiore negli ultimi 10 anni. C’è da dire che la produzione annuale di Oro, nel medesimo periodo, è stata nettamente inferiore agli acquisti dei privati, delle Banche Centrali e dell’industria orafa. Ed è per tale motivo se negli ultimi anni (a causa della perdita di fiducia) molti paesi hanno deciso di rimpatriare l’Oro di proprietà depositato presso le banche centrali internazionali (USA e GBP principalmente).
> Ricordiamo le difficoltà della Germania nel recuperare il loro stock dalla FED (avvenuto solo in parte e dopo trattative complesse con tensioni tra i due paesi). Da ultima la richiesta del Venezuela con il rifiuto della Banca d’Inghilterra di riconsegnarlo.
> Adesso è il parlamento della Romania che sta discutendo la proposta per rimpatriare la quasi totalità dell’Oro nazionale depositato, anche in questo caso, presso la Banca d’Inghilterra (60 tonnellate).
> Il nostro paese, con 1200 tonnellate (delle 2450 di proprietà) depositate presso Banche centrali di altri paesi (USA, GBP e Banca dei Regolamenti Internazionali), per ora sta discutendo se quest’Oro sia degli Italiani o della Banca d’Italia e quindi a disposizione della BCE. Probabilmente la domanda più importante da farsi è se le 1200 tonnellate dell’Oro italiano siano ancora presso queste istituzioni.
> Gli altri paesi si sono mossi in anticipo mentre i nostri governi passati non hanno fatto nulla(come al solito direi)  e ,  tra i maggiori detentori di Oro, l’Italia (terzo paese al mondo per stock di riserve auree) è l’unico che non sta ancora concretamente discutendo il rimpatrio. Il governo gialloverde si dovrà attivare al più presto tentando di recuperare le perdite di tempo dei governi precedenti.
> Ricordo che la Francia (quarto paese al mondo per stock) già detiene il 100% del suo Oro sul proprio territorio e la Germania (secondo paese al mondo per stock) sta recuperando quasi interamente i lingotti depositati all’estero.
> Difficile non ritenere che una parte del nostro Oro (a nostra insaputa) non abbia già intrapreso la via orientale.
> In ogni modo, l’eccessiva domanda rispetto alla produzione annuale non è limitata all’Oro ma è strutturale da 6 anni anche per l’argento (ultimo surplus nel 2012).
> Le società minerarie, con prezzi del Silver così bassi, hanno ridotto fortemente l’attivazione di nuovi progetti.
> Nel 2018 la produzione di Silver in USA è calata del 10% raggiungendo il valore più basso da 70 anni. Bisogna tornare all’anno successivo alla fine della seconda guerra mondiale per vedere una produzione di Silver più bassa di quella del 2018, che peraltro fu un periodo condizionato da scioperi significativi nel settore minerario.
> Nel 2000 l’America produceva annualmente circa 64 milioni di once di Silver e nel 2018 la produzione è stata al di sotto delle 30 milioni di once.
> Senza un marcato rialzo del prezzo del Silver le aziende minerarie non aumenteranno la loro capacità produttiva e ne espanderanno l’attività esplorativa.
> Abbiamo visto che cosa abbia comportato un deficit strutturale per il Palladio e l’impatto che questo ha avuto sui prezzi. Oggi un oncia di Palladio vale il 50% in più di un oncia di Platino ed il suo valore è superiore ad un oncia d’Oro.
> Mentre per il Palladio la probabilità di essere sostituito dal Platino in moltissimi suoi utilizzi è quantomai concreta (nell’ultima settimana è infatti sceso del 10% ed il Platino è salito del 5%), per il Silver l’unico sostituto che presenta le medesime caratteristiche e proprietà è l’Oro.
> Il metallo giallo vale 85 volte in più dell’Argento quindi di fatto nessuna possibilità che l’Oro possa compensare un impennata dei prezzi del Silver dovuta all’effetto scarsità.

 

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