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Qualche giorno fa mi approcciavo al posteggio di un presidio ospedaliero della provincia di Milano per far visita a un cestista infortunato, quando ricevo una telefonata attonita. E’ l’amico Carlo che… mentre si apprestava a parcheggiare fra i medesimi spazi… si dice ostacolato da tre nordafricani dediti alla vendita portiera a portiera. Per un attimo mi punge vaghezza che quella scritta “P Visitatori” possa riferirsi a un luogo di sosta consacrato ai richiedenti asilo, ma quei birboni avevano richieste di ben altro tenore da avanzare. Il tempo di spegnere il motore e i tre zelanti forestieri passano dalla mia parte con l’ambizione di propinarmi le stesse rivendicazioni, fra gratta e vinci, buoni e parolacce. Intercettata la poca propensione all’acquisto, declamano al mio indirizzo qualcosa di satirico nell’idioma beduino di Al-Farazdaq, per poi passare a un nuovo veicolo, da cui scende una donna che domanda cortesemente di essere accolta con una prossemica meno esuberante. Di tutta risposta, un moro femminista replica che per loro «donne come animali». Tratteniamo la Bronson way of life che fumiga dentro di noi e decidiamo, da cittadini scrupolosi, di chiamare i Carabinieri.

 

 

E’ la seconda volta che telefono all’Arma negli ultimi mesi, il doppio di quanto avessi fatto nei 40 anni precedenti, e per ora mi limito a registrare la cosa. Risponde con tempestività un moschettiere molto preparato sull’argomento, il quale mi spiega come questi invasati siano ben noti alle forze dell’ordine, ma come ci sia poco da fare, perché in regola con i documenti e sprovvisti di armi da fuoco. Aggiunge che purtroppo non tutti si comportano come noi, ma anzi mostrano solidarietà, con offerte in denaro e buoni pasto; sostegno che ne consolida la molesta presenza. Un’obiezione che il mio socio giustamente accoglie con riserva: «Danno denaro, e sia; ma chiaramente per paura, certo non per solidarietà!». In effetti, fermi la macchina e ti trovi nel cruscotto tre facce da patibolo che ti alitano contro in arabo attraverso premolari da mille e una notte… beh… cercare di comprarne la voglia di integrazione non mi pare reazione così peregrina. Se poi dovessi trovarti nei panni di una gentildonna in sola compagnia delle sue gioie, magari offriresti anche la borsa sperando di non essere brutalizzata. E così, immotivatamente, mi è tornata alla mente La luna è tramontata di Steinbeck, ma senza la banda di ottoni dell’invasore che suonava musiche graziose e sentimentali sulla piazza della città. Certo è bene non essere affrettati nei giudizi in tempi dove la superficialità è così perigliosa. Può darsi che questi giovinotti siano avanguardie del regime di alternanza scuola lavoro, e si stiano dannando l’anima per superare quel ciclo scolastico necessario allo ius culturae. Da parte nostra sospettiamo dovrebbe essere garantito anche il diritto alla sine cura, ovvero al vivere senza la preoccupazione che una lecita intenzione di pubblica sosta comporti necessariamente una mischia con il saraceno…. ma che volete, lo status civitatis è ancora tutto da espugnare. L’essere nati in Italia da cittadini italiani e il vivere da sempre proprio in seno alla madrepatria, rispettando le leggi della Repubblica, rende arduo reclamare diritti da che mondo è belpaese. Siamo consapevoli che la cittadinanza è come una bella ritrosetta desiderosa di essere corteggiata in punta di madrigale e carta di credito da un ragazzo dabbene, giorno dopo giorno, per lustri, sovente restia a offrire le carezze sognate; ma capace, appena ci si distrae un attimo, di darla via già condita al primo buzzurro con l’osso nel naso che le mette una zampa sotto la coda.

 

 

 

Comunque, in ben altre emergenze affaccendati, saliamo dall’infermo. Lo troviamo pimpante e sulla via di un completo recupero del suo temutissimo semigancio, vi rassicuro. Al rientro, inforchiamo uno spazioso ascensore molto General Hospital e durante il ciarliero tragitto con altri visitatori scopriamo una signora di Bollate che aveva appena chiamato la Polizia per lo stesso malaugurato episodio, e alla quale era stato assicurato che di lì a qualche ora sarebbe passata di volata una volante. Il marito di origine pontina, sullo slancio di un impeto giustizialista, avrebbe allora suggerito di «corcarli di mazzate» nell’attesa, malauguratamente senza il beneplacito dei gendarmi. Arriviamo così alle nostre auto, con la preoccupazione di chi teme qualche ammaccatura e una ruota in meno, ma le ritroviamo intatte. In compenso, notiamo due dei tre scellerati urlare belluinamente all’indirizzo di uno scooter in partenza, con la guidatrice impegnata in spericolate gincane per tenerli lontani dai sacchetti del Conad. Si conclude così una tonificante esperienza di urbanità interculturale che, paradosso dell’uomo onesto, ci è costata 2 euro e 50 a testa di parcheggio. A voi le riflessioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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