avvenire

Mentre scrivo queste righe non so se la prima pagina di oggi del quotidiano Avvenire sarà rimasta la stessa: “Vergogniamoci”. Immagino di sì, vista la toppa di ieri. “Chi guarda il volto di Daisy Osakue può fare solo una cosa: vergognarsi. Perché quel volto segnato, è certamente il volto di una cittadina italiana dalla pelle nera, una giovane donna e atleta bersagliata solo e soltanto per la sua inermità e diversità”, ha messo di colore su bianco il direttore Marco Tarquinio, inserendo un segno di interpunzione fra soggetto e verbo degno del tratto di corda. Oggi si sa che il razzismo non c’entrava una mazza (ma chi detesta autenticamente l’odio razziale già ieri era pronto a crederlo), e che i fanatici ovaioli si erano scagliati con equidistanza democratica su bianchi e neri, donne e uomini, inermi anziani e aitanti atleti. Quindi ci sarebbe di che vergognarsi per tale imprudente azzardo e maldestra turlupinatura. Avvenire non è stato ovviamente l’unico a sobillare ad minchiam la deriva razzista con saliva spumosa fuori dalle recchie di somaro: “Odio cieco”, titolava il Manifesto; “Attacchi razzisti, cresce l’allarme”, allarmava Repubblica. L’armata Brancaleone catto-coatto-comunista dei miserabili gazzettini di cui sopra ha sguinzagliato i suoi Pecoro, Taccone e Mangoldo, in cerca di presto consenso. Ma se le ragazze azzurre della staffetta non si erano prestate a farsi arnesi di propaganda, Daisy non ha avuto esitazione, e si è messa nelle mani dei maneggini, tosto strepitando al mirato gesto discriminatorio. Certo prendere uova in faccia non dev’essere piacevole, e ci rammarichiamo per la sua disavventura, ma fossi stato nella Osakue, conscio del clima che si respira nel Paese, avrei avuto come primo sospetto quello di essere stato impattato in quanto iscritto ai Giovani del Pd più che come discobolo di colore. Dirò di più: da ora in avanti balestrerei tutti i militanti piddini che si incrociano per strada, ma lo farei con valori nutrizionali più digeribili di quelli delle uova – tipo broccoli e cavoli cappucci sconditi – al fine di scongiurare ogni implicazione etnica e rassicurare la sventurata ragazza con incruenti gesti di militanza, scevri da antipatie razziali.

 

 

La stupidità di questi riflessi condizionati che già poche ore dopo si trasformano in peti d’ascensore multimediale, impossibili da nascondere o richiamare al podice, abbraccia anche gli utili tonni rossi d’acqua dolce che all’amo puntualmente abboccano; moltiplicando il tanfo e allargando la toppa. Gente studiata che sui social augura la morte ai “razzisti delle uova”, altri che accusano Salvini di avere sulla coscienza “una giovane speranza dello sport ormai cieca da un occhio”. Ovviamente andare per il sottile con questi penalizzati non è possibile. Ma per i pochi che ancora vedono all’orizzonte lo spauracchio razzista pur vantando una perspicacia sufficiente almeno per tenersi il culo alle spalle quando camminano, un richiamo alla logica, come già fatto più volte su queste pagine, può essere giovevole; perché la logica non ha razza né superstizioni ideologiche. Combattere il razzismo rimarcando la connotazione razziale in senso strumentale è un boomerang che torna ineluttabilmente fra le corna. Se vuoi essere persuasivo nel postulare l’assenza di razze, se vuoi affermare che siamo tutti uguali, devi vedere una ragazza con un uovo in faccia; non una nera con un uovo in faccia. E invece Brunella Gambino, colpita come Daisy, lo stesso giorno di Daisy, è stata per loro invisibile. Perché bianca italiana. L’antirazzista fomenta il razzismo pensando di contrastarlo, rimarcando involontariamente una macchia che vedono solo i poveri di spirito. Ma anche senza scomodare il logos, basta usare l’istinto: la disordinata violenza fustigatrice di chi si scaglia contro il presunto razzista richiama la repressione delle eresie esercitata dagli inquisitori generali più esaltati: farneticante, feroce, fanatica. Poiché veder bruciare il leghista sul rogo darebbe tale solenne sollievo alle anime pie della sacra congregazione de’ riti della tolleranza, che ogni giorno, affannosamente, mentre si allestisce il palo e si raccoglie legname, se ne cerca santo pretesto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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