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Milano Malpensa, ora di pranzo, banco ristorante. Un turista transalpino in ciabatte e curiosamente somigliante a Gigi Sammarchi si rivolge alla cassiera con una certa spocchia. In francese. Quella cincischia imbarazzata, poi chiama a raccolta due colleghe più istruite, vanamente. Lui, irremovibile come il bastone del maresciallato, prosegue nelle sue incomprensibili richieste (panino con prosciutto, bottiglia di acqua naturale, ndr), molto spazientito. Al che il più cosmopolita fra i baristi si avvicina, in inglese si scusa per la biasimevole ignoranza propria come delle colleghe e in qualche modo prende la comanda. Ora, immaginate la medesima situazione a parti invertite e godrete di un’epifania sociologica. Gli italiani si sentono in difetto se non comprendono una lingua straniera nel proprio Paese; un francese si sente in diritto di parlare la propria lingua in terra straniera e di irritarsi se non viene compresa. Servilismo ignaro vs sciovinismo infuso; provincialismo irriflesso vs patriottismo deliberato. A parità di ignoranza, uno dei due atteggiamenti è cretino: il nostro. Sempre fieri di essere italiani: vive la France! E poi si osa blaterare di rigurgiti sovranisti, di deriva xenofoba, del moltiplicarsi di piccoli Mussolini…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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