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L’innocenza è ben lungi dal trovare tanta protezione quanta ne trova il crimine, scriveva anni fa un tizio più bravo di me. E ci sono poche cose che mi avvampano il sangue come l’innocenza abusata. Nel marzo 2017 riflettevo su queste pagine: «Mai visto niente di simile», dichiara un testimone scampato all’attacco di Westminster questo pomeriggio. E certamente, dal vivo, immaginiamo superi l’immaginazione. Eppure, abbiamo già visto qualcosa di simile. Chi passeggiava sulla Promenade des Anglais nel luglio 2016 ha visto qualcosa di simile. Fabrizia Di Lorenzo, il Natale scorso, che non festeggiò. Ma ce ne siamo già dimenticati. Leggere oggi la biografia di Fabrizia fa male due volte. Perché non solo è stata una giovane vita spazzata via da una cieca pazzia. Ma è una giovane vita sacrificata per nulla; una vita che sognava la pacifica integrazione con chi continua a massacrare senza requie. Questa ragazza predicava, come tante persone che conosciamo, in buona fede e non per posa, la tolleranza, il rispetto per le differenze, una reazione pacifica all’odio semplificatore; combatteva la falsa similitudine fra islamici e terroristi. Tutte cose che ci riscattano e riscattano la verità, quando vissute con il cuore puro. Perché anche noi, in abstracto, le sentiamo nostre. Poi c’è il concreto che senza tanto rispetto per le differenze ti passa sopra con un tir, o con un suv, che urla «morirò per Allah» non più tardi del 20 marzo scorso a Orly o che si fa esplodere a Bruxelles, esattamente un anno fa. E allora, da realisti che provano a non essere cinici, abbiamo il dovere di proteggere quel po’ di innocenza che vive ancora fra noi senza mandarla vigliaccamente al martirio per poi piangerne il ricordo. E subito dimenticarlo.

 

 

Ci siamo dimenticati di Fabrizia, io stesso non ne ricordavo più il cognome e la provenienza. E ci dimenticheremo Antonio Megalizzi, il giovane giornalista italiano, «europeista al 100%», in coma dopo aver ricevuto una pallottola alla testa. Già oggi sulle prime pagine verrà verosimilmente scavalcato da questioni più serie, come qualche ciarla sul governo. Certamente faranno fatica a dimenticare le due ragazze che erano con lui, la sera dei mercatini: Clara Rita Stevanato e Caterina Moser. Leggere le loro bacheche di Facebook, ascoltare le trasmissioni che curavano su Europhonica, produce un senso di sgomento insostenibile. Scriveva il 16 aprile Clara Rita, con lo stesso innocente trasporto che fu di Fabrizia: «Anche questa trasferta di @europhonica a Strasburgo é stata tanto impegnativa quanto emozionante. Sono onorata di aver potuto assistere ancora una volta alla seduta plenaria in Parlamento, lì dove l’Europa si fa. E sono orgogliosa del nostro lavoro di squadra: comunicare l’Europa di questi tempi è compito difficile e delicato ma noi ce la mettiamo tutta. Ascoltare il presidente della repubblica francese parlare dell’avvenire dell’Europa, lì, a pochi metri da me, mi ha fatto sentire ancora di più Cittadina di questa nostra Europa. Dal discorso di Macron: “L’identité de l’Europe, c’est plus qu’une démocratie soucieuse de liberté, c’est une culture unique dans le monde qui combine cette passion de la liberté, le goût de l’égalité, l’attachement à la diversité des idées, des langues, des paysages. Face à l’autoritarisme qui partout nous entoure, la réponse n’est pas la démocratie autoritaire mais l’autorité de la démocratie”».

 

Ieri si leggeva su Repubblica il racconto di Caterina e Clara sulla notte dell’attentato: «”L’uomo era freddo, glaciale. Ha preso la mira”. La mira, la mira ripetono tra i singhiozzi. “Ci ha guardati negli occhi. Non ha detto una parola”. Poi ha sparato, scegliendo la sua vittima. Hanno provato a dormire, ma è stato un sonno senza pace, solo incubi. Gli eurodeputati già ieri mattina hanno allertato il servizio medico del Parlamento. Prima Clara e Caterina sono state sottoposte a una visita medica. Nel pomeriggio sono arrivati gli psicologi». Caterina Moser oggi si dice solo grata di essere viva. Il loro sogno europeo è diventato un incubo. E mentre Macron lotta contro l’autoritarismo che ci circonda e abbraccia l’autorità della democrazia, in marcia con i blindati ex Kosovo targati UE contro le micidiali carrozzelle dei disabili e i baby killer delle scuole medie, la libertà concessa così appassionatamente a tutti i cittadini attenzionati di Francia ha corroborato l’identità europea, ha fatto sì che Clara questa volta trovasse a pochi metri da sé un terrorista, un criminale arrestato in 27 occasioni e ancora libero di nuocere; un assassino che non l’ha abbattuta, ma ha brutalizzato quella gioia di sentirsi ancor di più cittadina di questa nostra Europa.

 

Grazie al cielo l’ex collega Tajani, presidente del Parlamento Europea, a poche ore dalla mattanza ha rassicurato l’intelletto, riedificato lo spirito e affrancato l’innocenza martirizzata con parole medicamentose, quasi miracolose: «Questo Parlamento non si fa intimidire da attentati terroristici o criminali, andiamo avanti! Continuiamo a lavorare e reagiamo con la forza della libertà e della democrazia contro la violenza terroristica». Andiamo avanti. E per tutte le anime raggirate, tradite, violate, che il diavolo vi porti!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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