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Mario Calabresi non è più il direttore di Repubblica. In qualche circostanza ci siamo permessi di biasimare il suo operato, ma oggi vogliamo solo dare risalto a questo sincero, autentico, ineccepibile, fiero e struggente messaggio di commiato, che resterà scalpellato nella storia della libera informazione come il David del Bernini nel travertino: «Dopo tre anni finisce la mia direzione di Repubblica. Lo hanno deciso gli editori. Ho l’orgoglio di lasciare un giornale che ha ritrovato un’identità e ha un’idea chiara del mondo. I lettori lo hanno capito, la discesa delle copie si è dimezzata: era al 14 ora è sotto il 7. Grazie a chi ci ha sostenuto nella battaglia per una stampa libera e non ipnotizzata dalla propaganda dei nuovi potenti. Abbiamo innovato tanto sulla carta e sul digitale e i conti sono in ordine. Grazie a tutti i colleghi a cui auguro di non perdere mai passione e curiosità». Parole che esprimono plasticamente una gagliarda increspatura di ciglia all’ingiù, una terribile fissazione d’occhi, e col mordersi colla mandibula superiore tutto il labbro di sotto, fanno vedere maravigliosamente espresso il giusto sdegno del giovane direttore. Carissimo Mario, grazie a te e ai tuoi editori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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