Enrico Letta and Emmanuel Macron

Siamo stati vomitevoli, concediamolo. Spedire figure di spicco del nostro governo a far comunella con un movimento nemico del popolo francese come i gilet gialli!? Répugnante! Giustamente i patrioti italiani della politica, dell’informazione e della cultura si sono schierati a difesa della Francia oltraggiata, come capitò in occasione della polemica sul Franco coloniale. Dal balcone del municipio di Cuneo già sventola il Tricolore: bianco, rosso e blu. L’ambasciatore transalpino, piccato, impermalito, è stato richiamato. E ora è “crisi diplomatica”. Dopo essersi presi la briga di recapitarci gli immigrati direttamente oltreconfine con le camionette della gendarmeria, ci sta che i transalpini si riprendano qualcuno. Quando veniamo schiaffeggiati a cazzi sulla faccia con grandeur istituzionale – per usare un francesismo – in fondo ce lo meritiamo; se invece alziamo la testolina e prendiamo una posizione indipendente, è crisi diplomatica. Questa gestione sguattera del rapporto con la Francia è esercitata – ça va sans dire – per un interesse nazionale antisovranista. Gli intellettuali di casa nostra, che ben padroneggiano la prammatica della diplomazia, ce lo comandano. Ma leggiamo allora la santa rampogna, la legittima strigliata, la lavata di capo che ci è stata così solennemente impartita da quella terra esagonale:

«Essere in disaccordo è una cosa, strumentalizzare la relazione a fini elettorali è un’altra. Le ultime ingerenze costituiscono una provocazione supplementare e inaccettabile. Violano il rispetto dovuto alle scelte democratiche, fatte da un popolo amico e alleato. Violano il rispetto che si devono tra loro i governi democraticamente e liberamente eletti. La campagna per le elezioni europee non può giustificare la mancanza di rispetto di un popolo o della sua democrazia. Tutte queste azioni creano una situazione grave e pongono domande sulle intenzioni del governo italiano nei confronti della sua relazione con la Francia. Alla luce di questa situazione senza precedenti, il governo francese ha deciso di richiamare l’ambasciatore di Francia in Italia per consultazioni».

 

Tutto questo accorato richiamo alla democrazia ci tocca nell’intimo come cittadini. L’esortazione a rispettare il popolo, ancor di più, ci commuove come esseri umani. Tuttavia mi punge vaghezza. Dalle viscere del popolo sono sorti i populismi e poco tempo fa sul Corriere della Sera mi capitò di leggere: «Il presidente francese scandisce parole di fuoco che suonano come un attacco all’Italia: “Li vedete crescere come una lebbra, i populismi, un po’ ovunque in Europa, in Paesi in cui credevamo fosse impossibile vederli riapparire. I nostri amici vicini dicono le cose peggiori e noi ci abituiamo! Fanno le peggiori provocazioni e nessuno si scandalizza di questo”». E il nostro ambasciatore non fu richiamato?! Niente consultazioni, nessun caso diplomatico?!

 

Vabé, ma in fondo siamo i cugini pasticcioni e un po’ cialtroni. Pensiamo allora al popolo francese, figlio della Rivoluzione e dell’Illuminismo: quelle genti civilizzate non stanno forse passando con le ruspe attraverso i cancelli dei ministeri? In ottemperanza all’ammonimento di cui sopra, sarebbe savio rispettare il loro volere, dunque. Quanto alle ingerenze, il francese Pierre Moscovici non dichiarava forse a reti europee unificate, “agitando i mercati”, che «la manovra del governo va contro gli interessi del popolo italiano»? Ma che trou du cul ne vuol sapere Moscovici degli interessi del popolo italiano?! Per fortuna ci sono gli scienziati economici, lesti a riportare la questione su livelli di sintassi esistenziale spicciola. Ammonisce Francesco Giavazzi: «Non dobbiamo fare arrabbiare i consumatori francesi perché molto del nostro export dipende da loro». Parbleu! Mecojoni! Ma a Giavazzi dev’essere sfuggito che la maggioranza dei consumatori francesi indossano il gilet giallo e puntano le balle girate a cannone contro Macron, non contro il governo italiano. Sfumature senza importanza. Mais ce sont les détails sans intérêt qui sont essentiels. E poi ancora, il luminoso pensiero dell’autorevole accademico: «Il nostro debito pubblico ci toglie sovranità perché ci rende deboli sui mercati finanziari». Pennellate di augusta sapienza, di smisurata estensione conoscitiva, che ricordano Gramsci e il primato della politica.

 

 

La mia impressione finale – anche senza dottorati all’MIT – è che siano stati proprio il presidente Macron e i suoi valletti d’oltralpe – cioè i nostri editoralisti – a strumentalizzare la vicenda per qualche briciola elettorale in vista delle consultazioni europee. La nota ufficiale è maldestramente rivelatrice in tal senso. Ma fino a quando sui giornali e in televisione intercetteremo gente come Fubini o ascolteremo un Pansa sdottorare di governo pentaleghista “terrorista” – senza un solo moto di protesta da parte dei presenti – e della necessità di un colpo di Stato tecnico con supporto militare, capirete che presto la nostra imbecillighenzia seguirà l’ambasciatore francese. Chiamata a levarsi dai coglioni in una nota ufficiale, previa consultazione democratica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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