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Gli esseri umani hanno bisogno di ipostatizzare la propria superiorità su altre entità, da ritenere meno evolute, inferiori, abiette. Il razzista sceglie il negro, il Dago, come inferiore, da disprezzare o compatire. Nel disprezzo o nella compassione afferma la propria supremazia. L’antirazzista fa la stessa cosa con il razzista: lo disprezza, lo compatisce, come essere immondo, indegno. Noi, forse, compatiremo o disprezzeremo gli antirazzisti, ma senza trarne gratificazione alcuna. Fra queste categorie vi è tuttavia una differenza sostanziale, almeno in Italia: i razzisti non manifestano contro i negri e noi non manifestiamo contro gli antirazzisti. Gli antirazzisti lo fanno invece contro il razzismo. Perché all’uomo debole e senza qualità non può bastare autoconvincersi della propria superiorità: deve far frotta, scendere in piazza e manifestarla, celebrarla.

 

 

 

 

A Giannini, Massimo esponente dell’imbecillighènzia farisaica mainstream, di pensiero debole e assenza di qualità, interessano i numeri. Perché i numeri non sono opinioni. E di fronte a una Lorella Cuccarini – vola, con quanto fiato in gola, il buio ti innamora, qualcuno ti consola, la notte – che cercava di testimoniare con grazia di un’Italia aperta e tollerante, rispondeva con la perentorietà dell’epistemologia: «Per il bene del Paese bisogna dire no al sovranismo dilagante, all’Italia dell’autarchia, della xenofobia. Il razzismo in Italia è un problema e Salvini è il nemico. 628 episodi nel 2018, ce lo dicono i numeri. Sono 628. Sono 628. I numeri non si prestano a una lettura di opinione. Se siamo passati da 68 del 2017 a 628… qualcosa è accaduto». Naturalmente a Giannini non interessano i 136.876 stranieri, 136.876, che fra gennaio e giugno 2018 sono stati denunciati e/o arrestati, perché certi numeri sono opinioni. Diventano “percezioni”. Quindi non si premura, Giannini, di individuare un banale causa-effetto fra i crimini degli stranieri e il comprensibile, legittimo, giramento di coglioni che può generarsi in alcuni sparuti italiani. Perché sì, in effetti qualcosa è accaduto: 136.876 reati di stranieri fra gennaio e giugno hanno prodotto 628 episodi di razzismo in tutto il 2018. La testolina semolata conclude, sulla base dei numeri, che il problema è dunque il razzismo.

 

 

Se uno spacciatore marocchino ubriaco avesse preso contromano la sfilata di tragiche maschere del carnevale perbenista di Milano, forse Giannini sarebbe stato punto da vaghezza, mentre per il Corriere.it il titolo più acconcio per la tragedia di Macerata è stato: «Gianluca ed Elisa morti mentre tornavano da una festa di Carnevale. Feriti i figli». Ma la manovra di questa associazione a contraffare è tanto prevedibile e vile quanto fessa: io spalanco i tentacoli al canagliume più selvatico del Terzo mondo, lo sguinzaglio per le strade del mio Paese, libero di spendersi in stupri, in saccheggi, in scorrerie… e se qualcuno prova a reagire, a puntare il dito, lo accuso di razzismo, di intolleranza, lo scomunico come cittadino civile. Un disegnino criminale, ma di una mediocrità avvilente, che può farsi forte solo con i fragili di spirito, insinuandosi nei processi cognitivi primordiali – come il timore dei tabù, il senso di colpa e la necessità di conferme – che il cervello semplice riproduce meccanicamente cercando consenso. Se io ora dessi a Giannini del miserabile, della piattola del pensiero, rischierei una querela; lui invece può permettersi di affermare il razzismo di una nazione in prima serata, senza alcun contraddittorio, senza alcuna conseguenza. Come già fecero altri come lui, prima di lui, negli stessi salotti. Dove non arriva il ricordo di quei cittadini mangiati vivi, fatti a pezzi, spazzati via. Che non rappresentano neppure numeri, per tali laidi analisti: bensì percezioni. Dove non arriverà la voce di quei due bambini, ancora in gravi condizioni, cui una bestia d’importazione, lasciata libera dalla magistratura come animaletto da cortile, ha sventrato i genitori. Questa gente, questa divulgazione, questa informazione – a qualunque sottospecie della nomenclatura zoologica appartenga – è di razza carogna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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