È tutta questione di… umanità.

“Avere un bambino down è immorale”. Direi che siamo di fronte ad una meravigliosa espressione scientifica. Non possiamo attenderci qualcosa di meglio da Richard Dawkins.

Io non sono nessuno e questo è vero. Ebbene, spero di rimanere nessuno, perché se essere uno scienziato di fama mondiale significa parlare in questi termini, e per di più in 140 caratteri, preferisco rimanere un povero stabile precario di questa esistenza, ancorché misero ricercatore.

Lo scienziato è dichiaratamente non solo ateo, ma arrabbiatissimo se altri esseri umani si dicono persino credenti e ricercatori (quindi anche con me che sono cattolico e praticante…). Ha scritto su numerosi argomenti scientifici, ad esempio, sul “caso” che governa il mondo e sugli “accidenti”; sull’evoluzione senza scopo finale e sulla negatività di una mente razionale che si affida ad un significato ultraterreno, con l’intento di trovare senso in questa melma di egoismi e prevaricazioni, che osiamo definire società occidentale e democratica. Egli è l’esponente più importante del riduzionismo genetico, secondo cui, come si legge nel suo Il gene egoista, la parte immortale dell’essere umano risiede nel gene e nella sua capacità di replicazione, per il bene della specie. Sulla base di questa teoria, l’interazione con l’ambiente, assai importante ed utile per lo sviluppo dell’embrione, non viene affatto considerata, perché tutto è geneticamente predisposto.

Lavoro da anni con i Down, e seguo particolarmente adulti, le loro famiglie, con lo scopo di trovare assieme a loro il modo migliore per gestire in questi giovani adulti le emozioni e il desiderio sessuale-affettivo (altra parte di esistenza che viene negata a qualsiasi persona non rientri nella norma…). La mente dei Down è semplicemente genuina, essi infatti non sanno mentire e il grado di sincerità con le altre persone è, a volte, paradossalmente imbarazzante. Tutto ciò dipende dal loro sistema limbico, ossia da quella parte del cervello che gestisce le emozioni, la motivazione e le gratificazioni, ossia quegli aspetti della vita che  ci rendono l’esistenza quotidiana più accettabile. Dimostrano attenzione e comprensione silenziosa verso le emozioni altrui e le intenzioni delle persone che vivono loro accanto e spesso con un gesto d’amore riescono a riempire il vuoto dell’intelligenza umana, quella normale. Vi sono varie forme e livelli di trisomia 21, e anche se il mondo dimostra nei loro confronti incomprensione e rifiuto, sono persone che sentono, ragionano e pensano, come tutti noi.

Poste queste premesse mi chiedo perché non abbiano il diritto di vivere, secondo i loro tempi e modi, così da poter dichiarare che anche loro sono in grado di capire che la vita è degna di essere vissuta e può essere bella.

Certo, sapere che si sta per avere un figlio down significa entrare nel dilemma della vita che è possibile offrirgli e delle fatiche che si dovranno affrontare sapendo che si è abbandonati quasi a se stessi dallo Stato. Impegno titanico che avrà però come risultato: la gioia di vivere di questi esseri umani. Alcuni di loro hanno un’intelligenza specifica e specializzata nell’esecuzione di compiti cognitivi anche difficili, e possono, come nel caso di una fra le persone che seguo, lavorare ed essere assunti a tempo determinato.

Forse è il caso di ricordare a Richard Dawkins che anche lui è un operaio-scienziato, molto simile a tutti noi: assunti da questa vita a tempo determinato.

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