È tutta questione di… ipocrisia.

Tutti sanno che l’adolescenza è un periodo difficile ed importante della nostra vita, anche se esistono modalità diverse di essere adolescenti.

In una ricerca condotta dalla SIP, la Società Italiana di Pediatria, emerge che 13% dei nostri ragazzi, specialmente ragazzi di terza media, dichiara di aver praticato il gioco d’azzardo on line, anche se teoricamente vietato dalla legge. Il 17% di questi ragazzi lo ha praticato da solo, oppure con amici, e più volte, mentre, dato decisamente peggiore, il 32% afferma di essere orientato a ripetere l’esperienza.

È ovvio che le forme di deterrenza legale preposte al controllo di questa pratica on line risultano per lo più inefficaci, come è altrettanto chiaro che si sta sviluppando nelle nostre future generazioni maschili una pericolosa dipendenza dalla pratica del rischio virtuale, che poi tanto virtuale non è. I soldi che si giocano sono reali, e questa tentazione viene assecondata da una mente che accetta di “mettersi in gioco” lasciandosi governare dal fato, senza porsi nelle condizioni di preventivare i pericoli che la “fortuna” porta sempre con sé.

Dal mio punto di vista, quello antropologico-mentale, l’atteggiamento di base che induce questo comportamento, è una bassa autostima e una minima speranza verso il futuro, senza riferirmi al tipo di atmosfera famigliare che questi ragazzi possono trovarsi a respirare in casa. In effetti, solo coloro che navigano molto in internet, senza un vero scopo o un interesse preciso in questo essere collegati, possono permettersi di giocare perdendo tempo. E forse in terza media sarebbe ancora necessario essere guidati dalla famiglia, e con questo verbo, “guidare”, intendo “controllare”.

I casi, anche adulti, di ludopatia stanno aumentando, portando sul lastrico interi nuclei famigliari, con l’eufemistico consiglio pubblicitario dello Stato che indica di “giocare con moderazione”, come se la moderazione fosse tipica dei giocatori. Ecco perché diventa forse importante che siano i genitori ad occuparsi e preoccuparsi dei propri figli, perché se attendono che lo faccia lo Stato, come se l’intervento dello Stato fosse la soluzione di tutti problemi dei cittadini, è bene che queste famiglie si mettano in cerca di un altro sistema solare.

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