il bene il maleÈ tutta questione di… male-essere.

Secondo questo convegno, i dati forniti ci dicono che sono aumentate le richieste di aiuto per liberare giovani e giovanissimi dalla possessione del male.

Dal punto di vista etno-antropologico, in ogni cultura conosciuta il discrimine fra il bene ed il male è sempre funzionale all’esercizio di azioni che salvaguardano la vita, contro azioni che invece la mettono in pericolo, sia della propria oppure quella altrui. Il male, in qualsiasi natura e forma si presenti, ha la sola funzione di separare l’Uomo, nella sua interiorità o esteriorità, dal contatto relazionale ed affettivo con il mondo e specialmente con i suoi simili, determinando la nascita dell’idea di bastare a se stessi.

In termini tecnici, ossia teologici, si dice, appunto quando si crede di non aver bisogno di nessuno oppure si crede di non dover ringraziare nessuno circa quello che si è, che si possiede un cuore indurito, ossia chiuso.

Questo è il male e se è questo, ho la sensazione che esso circoli con una certa vivacità e frequenza anche del mondo degli adulti, oppure trovi una maggiore ospitalità in alcuni ambienti rispetto ad altri, fornendo, in questo modo, un modello comportamentale di riferimento assai evidente.

Vi è però un altro aspetto importante legato al male, e che non viene spiegato, secondo me, a sufficienza ai nostri giovani: il carattere di ambiguità attribuito alla categoria tempo. Il male si serve a suo vantaggio anche del tempo, facendo in modo che la nostra mente, nel pieno delle proprie facoltà mentali e quindi secondo processi che mettono in gioco l’intenzionalità personale, creda due sostanziali cose: che ci sia sempre tempo per rimediare al peggio che si combina e che lo potremo fare in futuro, quando lo decideremo; che non vi sia tempo e modo per cambiare, ed una volta assunti certi atteggiamenti e comportamenti resteremo sempre legati a loro.

Quest’idea del tempo costituisce un’alterazione negativa del nostro cammino in questa esistenza, perché, in realtà, ogni giorno sperimentiamo la possibilità di adattarci, per meglio sopravvivere, a situazioni che il giorno prima avremmo considerato insostenibili. Proprio per questo motivo, l’esistenza di ognuno di noi contiene un alto grado di imponderabilità, perché grazie ad essa ci organizziamo, nelle azioni e nei pensieri, per essere sempre in grado di risolvere anche l’imprevisto, che viene quasi sempre considerato negativo in sé, anche quando contiene, nella sua risoluzione, tutto il positivo che cerchiamo da tempo.

In conclusione, ogni volta che eliminiamo dalle nostre azioni questi due elementi negativi, ossia l’idea che si abbia molto tempo a disposizione per cambiare, oppure che non si possa cambiare mai, entriamo a far parte attiva di quella evoluzione della mente e della persona che porta alla conquista di antichi e saggi comportamenti, come la pazienza, la tenacia e la costanza rispetto all’idea condivisa di bene.

E tutto questo lo possiamo imparare in qualsiasi momento della nostra vita, anche se il fatto di poterlo apprendere fin dall’infanzia ci permette di crescere con la consapevolezza di essere fragili, ma niente affatto deboli.

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