solitudine1È tutta questione di… menefreghismo. 

Nello scorso articolo ho parlato di solitudine dei giovani ma esiste anche quella degli anziani, come si legge in questa notizia.

Una notizia che ci fa comprendere con chiarezza che alcune volte essere soli vuol dire trovarsi da soli, con una continuità davvero sconcertante. Trascorrere anni da morto senza essere mai stato dichiarato morto è troppo anche per un racconto di pirandelliano stampo.

È vero: ci sono persone molto riservate che danno poca o niente confidenza agli altri, anche quando vivono vicini, a stretto contatto, come per esempio in un condominio. Le ragioni di tale riservatezza sono molte: dalla propria personalità ad una sorta di igiene culturale, per cui si vuole rimanere fuori dai discorsi della gente. In questi casi è chiaro che diventa difficile entrare in contatto con una persona così: la sensazione di invadere il privato altrui quando si tenta di instaurare un minimo di relazione, è talmente netta che si prova un sentimento continuo di frustrazione che allontana chi cerca di avvicinarsi.

Ammettiamo pure tutte le giustificazioni ma giungere a far trascorrere anni prima di entrare in contatto con un parente o, come nel caso dell’articolo sopracitato, addirittura con un fratello e scoprire poi che il parente è morto addirittura anni prima (nel 2008, nel caso ligure) chiuso in casa e ormai in stato mummificato, mi fa davvero orrore e mi fa riflettere sulla condizione di esseri umani… se umani possiamo ancora considerarci!

Mi chiedo se sono più soli coloro che scelgono di rimanere soli o piuttosto coloro che lasciano che la vita altrui trascorra nell’anonimato più totale, senza farsi domande che prevedano la tragicità di una malattia solitaria, di improvvisa caduta domestica oppure di un malore.

Non è facile insegnare la solidarietà quando accadono queste cose, proprio nella nordica e civilissima Genova, che, ironia della sorte, è la Regione italiana a più alto tasso di presenza anziana di tutta l’Europa.

Sette anni di totale silenzio, con l’incapacità di reagire a tale silenzio, è una cosa molto diversa dal rispetto del privato altrui. Si tratta piuttosto di puro e semplice menefreghismo, da parte di tutti, nessuno escluso.

Quando una persona entra a far parte della nostra vita, anche attraverso i saluti sporadici che si scambiano salendo e scendendo le scale di un condominio, diventa (forse dovrei usare il condizionale!) quasi impossibile dimenticarla totalmente, come se non fosse mai esistita o fosse partita improvvisamente.

A meno che, come sembra da notizie di questo genere, i rapporti interpersonali non contino più nulla oggi e ci beiamo della nostra solitudine e del nostro insanabile… menefreghismo.

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