foto stefano craccoÈ tutta questione di… disallineamento.

Qualche giorno fa è apparsa la notizia di un’altra morte assurda. La notizia è passata praticamente inosservata, forse perché oramai ci stiamo così abituando a questi eventi. Morto in più morto in meno sembra che poco ci faccia effetto.

Il ragazzo in questione desiderava con tutte le forze vincere quel concorso di bellezza perché pensava che questo gli avrebbe davvero cambiato la vita. In un certo senso ce l’ha fatta: è morto.

Quello su cui vorrei riflettere non è tanto il modello consumistico della bellezza, come punto di riferimento esistenziale, né parlerò dell’evidente ignoranza di un ragazzo probabilmente vissuto in condizioni economiche e sociali difficili. Vorrei piuttosto soffermarmi sulla concezione che si può avere del proprio corpo.

Un corpo al quale è possibile fare di tutto, come iniettarsi dell’olio, perché, si crede, è forte come chi lo “possiede”. Il “proprietario” crede che il corpo sopporterà qualsiasi sopruso ed è disposto a tutto pur di ottenere il migliorare dei corpi mai visti.

E’ evidente che il “proprietario” di questo corpo è affetto da una sorta di disperazione esistenziale: vuole ottenere tutto e subito ricorrendo a tecniche casalinghe pur di battere gli altri concorrenti.

Il ragazzo morto per una iniezione di olio nei pettorali probabilmente si credeva invincibile come si credono invincibili le tante, troppe, vittime di incidenti stradali per eccesso di alcool. Il rischio, si pensa, è sempre degli altri, mai il nostro.

Ebbene, è forse il caso di rendersi conto che il mondo viaggia a diverse velocità. A volte la velocità del mondo e quella della nostra mente sono disallineate e tale disequilibrio ci confonde facendoci credere di essere i proprietari assoluti del nostro corpo (come spesso lo crediamo per la nostra mente…).

Purtroppo solo in casi estremi, come quello del ragazzo morto di ignoranza, comprendiamo che non siamo proprio padroni di alcunché.

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