sfidautismoÈ tutta questione di… educazione permanente.

Il 2 aprile si celebra, per iniziativa ONU, una giornata importante di condivisione e speriamo anche di riflessione comune: la Giornata Mondiale della consapevolezza dell’autismo.

Una consapevolezza che hanno ben presente quei genitori di figli che soffrono di Sindromi dello Spettro Autistico. Sarà il colore blu il simbolo di questa giornata, perché questo colore attiva l’attenzione, una migliore selezione dell’interesse nella mente umana. Ecco perché in tutto il mondo i principali monumenti delle città si illumineranno di blu.

E la RAI, su tutte le reti, manderà in onda, sino al 6 aprile, uno spot dedicato con l’hastag #sfidAutismo.

L’autismo, nelle sue diverse forme, colpisce in Italia dalle 300 alle 500 mila persone, e si tratta di numeri consistenti, specialmente in riferimento alla dimensione sociale che tali quote rappresentano. Infatti, e non a caso, il Ministero della Salute ha annunciato lo stanziamento di circa 2 milioni di euro per finanziare misure concrete in grado di agevolare la diagnosi precoce di questa patologia.

Secondo uno studio recente, condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Aix-Marsiglia, pubblicato sulla rivista Biological Psychiatry: Cognitive Neurosciences and Neuroimaging, la presenza di un solco meno profondo della norma, localizzato nell’area corticale di Broca, fondamentale per il linguaggio e l’interazione sociale, potrebbe essere il marker biologico in grado di rivelare la presenza di una sindrome autistica. E la sua rilevazione è possibile con la risonanza magnetica.

Quindi, la ricerca sta procedendo. Bene, ma io mi chiedo quanto fa lo Stato italiano per sostenere non solo la ricerca, ma e soprattutto quelle famiglie che si trovano, quasi sempre in solitudine, a dover affrontare quel minimo di inserimento sociale dei loro figli, e non solo a scuola, ma nella vita di tutti i giorni. Figli normali, in apparenza…

Non penso che siano necessarie queste giornate dedicate alla consapevolezza di qualche cosa, se non cominciamo ad insegnare a tutti una consapevolezza umanitaria, universale che conduca tutti gli esseri umani, nella loro individualità, a fare delle cose assieme. Consideriamo tutto quello che ci circonda, il nostro modo di andare per la strada in auto, come ci rapportiamo con le altre persone nei supermercati, e domandiamoci quanto siamo consapevoli che accanto a noi esistono persone molto simili a noi. Non lo so a quale livello di menefreghismo ci troviamo, ma penso che sarebbe auspicabile una certa dose di severità primigenia dei genitori e delle scuola, fin dai primi anni dell’infanzia, accompagnata, ovviamente, da una presenza affettiva e relazionale.

L’autismo è una malattia che esaspera l’assenza di comunicazione reale, aumentando l’isolamento e la chiusura in sé stessi, ma in questa società, così come siamo abituati a viverla , siamo davvero sicuri che non si sia prede inconsapevoli di ciò che da anni ciò che chiamo autismo culturale?

Lascio a voi replicare, cari lettori.

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