siamo tutti uguali1È tutta questione di… realismo.

È possibile mettere in mostra i nostri escrementi, per farne occasione di riflessione.

Questa non è la sede per disquisire sul concetto di Arte: se ne discute da millenni, dalla definizione “scientifica e filosofica condivisa” del concetto per giungere a quello che ognuno di noi intende con questo termine, in base a proprie personali convinzioni.

Detto ciò,  il mio ragionamento è un altro.

In Antropologia della Mente, l’arte è l’occasione culturale grazie alla quale l’artista mette in scena se stesso: rappresentando se stesso, rappresenta contemporaneamente l’insieme della cultura alla quale appartiene, oltrepassando l’apparenza della quotidianità. L’intento è sempre teatrale, quindi comunicativo: l’artista mette in comune con possibili fruitori-visitatori la sua visione del mondo.

Esporre l’odore nauseabondo di cacca e la cacca stessa di persone provenienti da etnie diverse diventa un pretesto comunicativo che mette in scena l’essenzialità del nostro esistere qui, in questo mondo e sotto questa forma umana.

Sperimentare olfattivamente ed emozionalmente questa situazione potrebbe stimolare un’ottima riflessione sulla condizione umana: potrebbe farci dimenticare per esempio quel pregiudizio secondo cui un’etnia è migliore di un’altra.

Ecco che sperimentare la “cacca di tutti e per tutti” potrebbe diventare strumento educativo.

Non sarebbe neanche una brutta idea organizzare visite guidate, persino gratuite, per i nostri politici mondiali:  senza escludere nessuno e coinvolgendo specialmente quelli che siedono sulle loro poltrone da qualche decennio. Se sentissero l’odore di quello che noi tutti espelliamo quotidianamente, forse si ricorderebbero che siamo tutti uguali, anche se sediamo su scranni alti più di noi stessi.

 

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