È tutta questione di… onestà intellettuale.

Non dubitavo che uscisse fuori una inutile querelle di fronte a questa notizia. D’altra parte è più facile oggi scandalizzarci di atti amorevoli, rispetto alla necessità patologica di massa di non scandalizzarci per l’odio, l’aggressività, le paure eterodirette  e la vendita delle armi.

Senza contare il fatto che non ci scandalizziamo, né facciamo troppo rumore, quando veniamo a conoscenza dell’ammontare delle pensioni per “diritti acquisiti”, lo stipendio di strani individui presenti non si sa a che titolo nei consigli di amministrazione delle partecipate, gli inquisiti parlamentari, le fasulle iniziative propagandistiche di coloro che vorrebbero farci credere nella validità di riforme costituzionali analfabete.

Non posso soffermarmi qui a spiegare come l’omosessualità, e la bisessualità, siano espressioni del tutto normali, ed io le definisco persino banali, niente affatto originali, nel corso della nostra storia evolutiva. Sia sufficiente leggere con attenzione alcuni capitoli del testo di un grande maestro antropologo come Marvin Harris, intitolato La nostra specie. Natura e cultura nell’evoluzione umana, edito da Rizzoli. Un testo classico per comprendere come ogni forma di controllo politico-economico passi attraverso la cristallizzazione di verità culturali che vengono mistificate come naturali.

Scandalizzarsi per l’espressione amorevole che esprime un contatto corporeo, dal momento che siamo stati dotati di un corpo come espressione delle nostre emozioni, lo trovo sì davvero originale, meschino e triste. Per altro questo gesto era inserito in un contesto narrativo che sarà stato certamente giustificatore di tale atto, (non lo so per certo, perché non ho visto la trasmissione). Ritengo tuttavia che gli autori di tali prodotti mediatici non siano certamente sprovveduti, né incoscienti, ma attenti e preparati a gestire la comunicazione.

Sono quindi pervaso da una tristezza non esistenziale, alla quale tutte le coscienze oneste in questo periodo storico mondiale sono soggette con una certa rassegnazione, ma una tristezza intellettuale difronte alla ignoranza e alla malafede dilaganti.

Ho letto, a commento dell’articolo, giudizi ignoranti e tipici di una nazione in cui i “lettori forti, cioè le persone che leggono in media almeno un libro al mese, sono il 13,7% di tutti i lettori (14,3% nel 2014), mentre quasi un lettore su due (45,5%) si conferma lettore debole, avendo letto non più di tre libri in un anno”, come ci confermano gli ultimi dati Istat.

Ben venga allora, visto che la scuola ignora il problema e le famiglie non sono nelle condizioni intellettuali di farlo, che sia il servizio pubblico a fare educazione, in prima serata e secondo le dotazioni cognitive tipiche della nazione.

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