cervello sporcoÈ tutta questione di… sporcizia.

Le considerazioni che seguono sono doverose. Quasi impossibile non soffermarsi a ragionare, anche e soprattutto antropologicamente su queste due notizie. E non saprei quale potrebbe essere quella di maggior gravità, se la prima oppure la seconda.

Quando si è sani di mente (ed essere sani di mente significa riuscire mediamente a sentirsi a proprio agio con la parte interiore ed esteriore di se stessi) si riesce a capire quali sono le situazioni in cui tacere il proprio privato e quelle in cui è necessario esprimere pubblicamente la parte di sociale di sé. Si tratta, come quasi tutte le cose che riguardano la nostra specie, di attivare quella modulazione che la mente opera fra il biologico e il culturale.

Presentarsi in pubblico come Dio ci ha fatto, con qualche pezzo di stoffa che copre le parti fisiologicamente e culturalmente considerate più intime, non è di per sé qualche cosa di cui vergognarsi. Però esiste una emozione sociale, che si sviluppa a partire dal terzo anno di età, che si chiama vergogna. Questa emozione è praticamente quasi assente nella realtà contemporanea, e una delle cause di questa situazione è la sfiducia pressoché generalizzata verso il mondo intero, l’ambiente nel quale cerchiamo di vivere, e le persone che lo frequentano. Questo tipo di sentimento è alimentato dalle notizie che viaggiano in rete e nei media, dalle quali emergono politici vergognosi senza vergogna, dichiarazioni irripetibili, frasi sconce, cantanti che si presentano con video osceni, e individui che fanno le loro abluzioni nelle fontane.

In questa situazione, come è possibile rispettare i luoghi di culto religiosi, oppure i luoghi di culto geografici, come le spiagge e l’ambiente? E mi riferisco alla seconda notizia.

Stiamo crescendo persone che fanno del loro lerciume interiore l’occasione di un’espressione esteriore, priva del benché minimo sentimento del pudore. E il pudore è una forma di igiene culturale, educativa e sociale. Essere gelosi del proprio privato, come ho sempre insegnato ai miei studenti, significa imparare a distinguere e difendere la dimensione privata da quella pubblica della propria esistenza. Una differenza che rende sana la mente, in quell’equilibrio che diventa l’espressione di un rispetto sacro verso un eventuale Creatore del mondo (per chi ci crede, oppure per chi lo ipotizza soltanto) e per coloro che non ci credono, ma sanno che la Natura è per gli atei il loro dio.

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