procura-tribunale-cataniaÈ tutta questione di… parlare chiaro.

Il Procuratore di Catania, Dott. Carmelo Zuccaro, ha comunicato al Ministro dell’Interno, di aver trasmesso gli atti del procedimento penale afferente il caso Diciotti al Collegio per i reati ministeriali, presso il Tribunale di Catania, formulando la richiesta motivata di archiviazione della notizia di reato.

Di per sé, la notizia non mi ha affatto sorpreso. Ho sempre sostenuto che si trattasse di una iniziativa giudiziaria destinata ad un grande clamore mediatico, tanto subitaneo quanto effimero ma, ben difficilmente, destinata ad un rinvio a giudizio. Oggi, qualcuno molto più esperto di me nell’analisi dell’affaire Diciotti, sotto un profilo strettamente giuridico, e chiamato ad esprimersi sull’opportunità di una archiviazione della notitia criminis, dichiara apertamente l’insussistenza dei presupposti.

Ciò che  deve indurre a riflettere è la motivazione che il Dott. Zuccaro pone a fondamento della sua decisione. Egli ha ritenuto di non poter entrare nel merito della valutazione effettuata dal Ministro perché, sempre secondo il Procuratore, la decisione assunta da Matteo Salvini è di tipo eminentemente politico.

Consideriamo attentamente questo passaggio.

Zuccaro afferma che, nel momento in cui il Ministro degli Interni si è trovato a decidere se aprire i porti italiani o meno, aveva di fronte due fatti incontrovertibili: da un lato, Malta aveva violato l’obbligo internazionale di indicare un porto sicuro e, dall’altro lato, l’Italia aveva fatto espressa richiesta all’Europa di re-distribuire i migranti tra gli Stati membri. Il primo dei due fatti ha un sapore esclusivamente giuridico, ma valutabile solo su un piano giurisdizionale sovranazionale. Il secondo fatto aveva una valenza esclusivamente politica. Decidere se consentire o meno lo sbarco sul territorio italiano dei migranti presenti sulla Diciotti, comportava un’unica preliminare operazione logico-concettuale, ossia valutare il senso e la valenza politici sia della violazione perpetrata da Malta, sia della richiesta rivolta all’Europa.

Due valutazioni, una decisione. Estremamente difficile, certo: il Ministro sapeva bene di avere a che fare con esseri umani e non con bambole.

Eppur tuttavia, si tratta di una decisione politica. E le decisioni di pura strategia politica (che non va confusa con la tattica) sono quanto di più difficile si trovi a dover affrontare un organo politico apicale, dal momento che un errore di concettualizzazione, di visione, di fiducia nel proprio entourage, oppure di sottovalutazione della propria sensibilità, può costare carissimo. Tutti conosciamo il prezzo pagato da John F. Kennedy nell’affare passato alla storia come “Baia dei Porci”, per avere, egli, deciso politicamente, sulla scorta delle altissime rassicurazioni tecniche della CIA e sottovalutando le proprie percezioni. Come ebbe a dire il Presidente a commento dell’accaduto “Un vecchio detto dice che la vittoria ha cento padri, ma la sconfitta è orfana”.

Il Ministro Salvini, nella sua ponderazione politica, ha optato per il respingimento dei migranti. Giusto? Sbagliato? Questo ce lo lasciamo suggerire dalle nostre personalissime coscienze. Ma, come ha precisato il Procuratore Zuccaro, si è trattato di una decisione politica e si dà il caso (continua il magistrato) che le decisioni politiche sono sottratte al sindacato giurisdizionale. In altre parole, la nostra Costituzione stabilisce la netta separazione, dall’una dall’altra e tra l’una e l’altra, delle tre funzioni pubbliche: legislativa, amministrativa e giudiziaria. Da tale divisione dei poteri discende, direttamente, l’impossibilità, per gli organi di uno di essi, di esercitare un sindacato sull’operato di uno sugli altri. Ciò garantisce l’autonomia, l’imparzialità e la terzietà di ciascun potere. Esorbitare questo limite significa travalicare i limiti costituzionali e tradire uno dei principali capisaldi della nostra democrazia liberale.

E poiché il Ministro Salvini ha assunto la propria decisione nell’esercizio delle prerogative puramente politiche, appartenenti all’Ufficio ed al potere da lui esercitato (quello amministrativo), alla magistratura (ovvero il potere giurisdizionale) è costituzionalmente vietato valutare ed esprimere un giudizio circa il suo operato.

Questa la scelta del Procuratore Zuccaro. Una scelta conforme al nostro ordinamento costituzionale, eticamente pertinente e, aggiungo, molto, molto saggia.

 

P.S. Alcune info ai miei lettori per le prossime settimane, nelle quali sarò latitante.

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