auckland-nuova-zelandaÈ tutta questione di… bellezza.

Sono stato assente da questo Paese che continuiamo a chiamare Italia, come se ciò che accade avesse ancora a che fare con un’Italia antica, per circa un mese. Prima in Brasile e poi in Nuova Zelanda.

Al di là del periodo storico, decisamente critico che sta attraversando il Brasile, devo dire che qualcosa di meglio mi ha colpito rispetto a qualcosa di peggio che sembra caratterizzare la nostra Nazione. Mi riferisco alla gentilezza generalizzata che si respira a Rio de Janeiro. Certo, è una metropoli dalle effettive, concrete e visibili contraddizioni, sia economiche che comportamentali. Eppure, in base alla breve esperienza che ho potuto fare, posso dire che ho incontrato persone sempre sorridenti, gentili e disponibili, specialmente se dipendenti della pubblica amministrazione. Lascio a voi fare le dovute considerazioni su ciò che invece accade, ovviamente non sempre, nel caso dei nostri funzionari pubblici, che sembrano spesso arrabbiati con l’intera vita, sia la loro che quella del pubblico.

Ma, la situazione esistenziale, seppure superficiale, perché mi sono trattenuto solo una settimana, più sconvolgente l’ho provata in Nuova Zelanda. Certo, mi sono recato là per presentare una ricerca (interamente finanziata da alcuni imprenditori cinesi e supportata da esponenti neozelandesi) dedicata allo studio di un metodo di intervento neuro-cognitivo in anziani affetti da demenza senile. Un team tutto italiano, cinque ricercatori, che, come accade oramai da anni, non hanno ricevuto nessuna attenzione dal proprio governo, tanto meno dalle Università italiane. Ma questa è un’altra storia, che comunque vi racconterò prossimamente, ospitando nel mio blog una lettera, e precisamente la breve storia di vita del leader di questo team, Marcello Napoli, residente in Nuova Zelanda da oramai cinque anni.

Comunque, per ritornare al tema, che aria si respira ad Auckland? Civiltà, pulizia, ordine, pace, serenità. Dove? Per le strade, nei negozi, nei centri commerciali, negli autobus, nei parchi. Insomma, ovunque. Un vero e proprio shock cognitivo per me. Ho conosciuto questo tipo di realtà solo a Bolzano e a Bressanone, anche se non so se sono ancora in questa condizione paradisiaca.

Vogliamo anche parlare di immigrazione in New Zealand? Controlli capillari e attenti in Aeroporto, per poter entrare nel Paese, dove si può rimanere non oltre tre mesi. Se si vuole superare questo limite, è necessario dimostrare di avere un conto in banca aperto da loro, e denaro sufficiente per non fare i mendicanti (di cui non ho visto alcuna traccia…) oppure si può diventare ladri (che lì sembrano non esistere: le banche sono senza vetri di protezione, metal detector, né agenti di sicurezza privata, e quando si entra sembra di essere in un normalissimo negozio che vende abbigliamento). Certo, gli amici italiani, e ce ne sono molti, mi dicono che lì si usa mettere in galera i delinquenti, comuni e straordinari, i quali non hanno la possibilità di uscirne tanto facilmente. Nessun venditore per la strada, nessuno che importuni i passanti, pretendendo di essere aiutato a sopravvivere, perché chi vuole entrare nel Paese deve lavorare, visto che si trova lavoro, di qualsiasi tipo, per qualsiasi gusto. Altrimenti, non si entra.

E poi, il verde… Un verde in mezzo alla città, quasi impossibile da immaginare, sia per il livello di mantenimento, che per l’uso e l’accessibilità da parte di cittadini. Per non parlare della quantità di parchi e giardini. Certo, la vita à carissima: un caffè quattro euro, e non è nemmeno buono come il nostro. Ma, gli stipendi sono adeguati alla qualità della vita, proprio come da noi! Nonostante tutto questo, è sufficiente presentarsi come italiani, per assistere ad espressioni di ammirazioni. Per cosa? Per quello che possediamo, artisticamente e storicamente. Solita solfa. E loro lo sanno bene, perché ora aggiungono la frase: “Beh, certo, voi non sapete quello che avete. Non ne avete coscienza, peccato”.

Ora sono tornato e mi hanno scritto sui social: “Bentornato, Alessandro”! Beh, se lo dicono in tanti, forse sarà vero… io ho qualche dubbio sul “ben”.

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