Giovani studenti italianiÈ tutta questione di… educazione.

Tutte le volte, in questo periodo dell’anno, fra gennaio e febbraio, mi pongo sempre la stessa domanda: “Siamo davvero consapevoli delle potenzialità dei nostri giovani”? E c’è un motivo per cui proprio in questo periodo mi faccio tale domanda. È il momento in cui inizio a fare esami, e mi rendo conto, ogni anno che passa, di come la realtà adulta di questa nostra nazione sia davvero lontana dai pensieri, dai dubbi, dalle motivazioni e dalle aspettative che i nostri giovani hanno nel loro cuore.

Oramai, e da molti anni, ho deciso di dedicarmi all’insegnamento della Psico-antropologia all’interno di discipline cosiddette di scienze esatte, come è il caso del design, che si trova all’interno dei Dipartimenti di Architettura o delle Scuole Politecniche delle nostre università. Ho sentito l’esigenza di rapportarmi con persone che fanno della realtà e della concretezza il loro punto di riferimento, rispetto a quanto accade in altre discipline che si pongono come causa di questa realtà, e mi riferisco a quelle umanistiche. Non si tratta di una scelta basata su un giudizio di valore positivo negativo, ma su una mia necessità mentale legata al fatto di poter, in qualche modo e misura, proporre un ponte cognitivo fra il funzionamento della mente, a livello teorico, e la sua concretezza nella realtà della vita quotidiana legata alla progettazione.

Ebbene, ogni anno scopro che i nostri giovani, nel momento in cui conoscono il funzionamento della mente si trovano di fronte ad un mondo che non pensavano minimamente che esistesse, imparando a conoscere quella parte nascosta di loro stessi, grazie alla quale possono in qualche modo affrontare meglio le sfide della realtà e del futuro. Comprendono i significati di motivazione, di emozione e di passione, il funzionamento della nostra corteccia cerebrale, specie quando deve prendere decisioni, utili e in breve tempo, i concetti di scelta, coscienza e aspettativa, in relazione alle nuove tecnologie e all’innovazione.

E così, proprio durante l’esame, mi raccontano i loro sogni e quale sarebbe la nazione nella quale vorrebbero vivere. Ma sono coscienti che il territorio non è quello italiano, e che hanno come unica possibilità la trasferta in un’altra nazione, che fortunatamente non considerano più estera, perché sono consapevoli di vivere nella globalizzazione. Non esiste per loro il confine, ma solo la possibilità di realizzare i loro desideri. E la conoscenza della mente permette loro di comprendere come si realizzano questi desideri, e quali sono le condizioni oggettive all’interno delle quali è probabile che possano realizzarsi.

Non qui, non con questa classe dirigente. E non certo con le solite cariatidi che ci ritroviamo da oltre vent’anni sulla scena politica e che ora vengono a raccontarci di un futuro assolutamente improbabile, visto che loro stessi hanno fatto in maniera tale che nulla di ciò che promettevano si realizzasse. Mi riferisco, ovviamente a tutti i partiti, nessuno escluso. Tutti collusi in questa deriva. E, per me, persino consapevolmente, premeditatamente.

Forse, mi piace pensare, qualche cosa di nuovo sta accadendo. Non so se sarà meglio in assoluto, ma si presenta come tale almeno relativamente. È comunque qualche cosa di nuovo rispetto a tutto ciò che di vecchio stiamo continuando a perpetuare, che non ci ha portato a nulla di fatto, specialmente rispetto alle esigenze dei nostri giovani.

Ma siamo Italiani e a febbraio c’è Sanremo (sempre più emblema del nuovo che avanza).

Allora, ridi e canta che… non ti passa.

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