mendicante_poveri_fgÈ tutta questione di… povertà.

Una notizia, questa, alquanto significativa, sebbene la si debba prendere con le molle.

Sapevamo che le condizioni di vita e il nostro stile di vita, all’interno di un qualsiasi ambiente si concretizzano, entrano a far parte del sistema ereditario generale umano, con riferimento tanto al sistema immunitario quanto agli atteggiamenti mentali.  Ma, questa ricerca riesce a dimostrare con  maggiore chiarezza che il nostro corpo, che è composto anche dalla mente, ricorda le esperienze di povertà. Molte ricerche avevano dimostrato che le condizioni economiche nelle quali viviamo sono predittive di un maggiore o minore rischio di patologia cardiovascolari, oppure di diabete. Con questa ricerca, le cose si amplificano, nel senso che si dimostra il legame che esiste fra la metilazione del DNA (la metilazione, catalizzata da enzimi, è coinvolta nella regolazione dell’espressione genica) e la povertà. È molto alto il numero dei geni coinvolti, permettendo allo status di povertà socio-economica di avere un duraturo impatto su una serie importante di processi e sistemi mentali.

Per andare ulteriormente nello specifico, la ricerca dimostra che i geni individuati sarebbero associati a meccanismi collegati alla risposta immunitaria, alle infezioni, allo sviluppo del sistema nervoso e scheletrico. In sostanza, significa affermare che le condizioni di povertà lasciano una impronta significativa nelle persone, condizionando la salute in generale, su circa il 10% dei geni che compongono il patrimonio genetico umano.

Una percentuale significativa, da non sottovalutare. E che si presta a numerose considerazioni, anche se io desidero, in questa sede, scriverne tre sole.

La prima: si tenta ancora di risolvere la vexata quaestio sulla relazione fra biologia e cultura, cercando di paragonare l’una all’uovo e l’altra alla gallina, o viceversa. Come si tenta da sempre di stabilire quale fra le due conservi la percentuale maggiore di incidenza sull’altra. Ebbene, dal mio punto di vista, antropologico-mentale appunto, continuiamo a ragionare falsamente, perché l’una esiste solo in presenza dell’altra e viceversa. Perché noi, come esseri umani, e nella nostra totalità, siamo ambiente. Il nostro corpo è ambientale, così come la mente, nei loro duplici caratteri: bio-fisiologico e psicologico. Perché la mente umana è il corpo e il corpo è la mente, e tutti e due, appunto, sono ambiente.

La seconda, una conseguenza: l’immigrazione/migrazione della povertà esiste perché esiste una umanità universale che non desidera l’evoluzione mentale (quindi del corpo) di tutti i popoli, nelle loro rispettive geografie. Nord e Sud del mondo, ricchi e poveri, continuano a creare atteggiamenti, comportamenti e situazioni che mantengano questa differenza in continuità nel tempo, altrimenti ricerche come queste potrebbero davvero cambiare il nostro modo di considerare il mondo.

Terza: e la stessa cosa vale anche per il clima, perché i cambiamenti climatici sono ciclici e naturali, ma noi stessi, come umanità intera, siamo natura, e la natura ci ha fornito di quella intelligenza necessaria per entrare in reciprocità con tutto ciò che incontriamo in questa vita, anche con il clima. Il clima influenza noi e noi influenziamo il clima, proprio come accade con la povertà.

E forse, penso, sarà il caso di iniziare a comprendere che senza reciprocità, universale e generale, non faremo molta strada.

Tutti.

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