Aborti in UsaÈ tutta questione di… responsabilità.

E questa è l’America. Voglio dire, in questo caso, questi sono gli Stati Uniti.

Ulrich Klopfer (un nome, una garanzia…) praticava alcune sue interessanti attività: riceveva nel proprio studio minorenni rimaste incinte, in seguito a stupri, senza denunciare la cosa alle autorità, e praticava loro l’aborto. Il medico abortista gestiva una clinica medica, e la polizia ha trovato nella sua abitazione circa 2200 feti morti, ben conservati. A rendere nota la cosa sono stati proprio i parenti del medico, i quali hanno chiesto alle autorità, tramite il loro avvocato, di poter rimuovere in sicurezza questi poveri resti. E l’ufficio del coroner si è occupato di prelevare i feti. Già nel 2010 e nel 2012, la polizia aveva trovato nel frigorifero della sua clinica medica, la Women’s Pavilion, alcuni resti di un bambino abortito, accanto ai farmaci.

Questa è, in sintesi, la notizia, ma penso che la cosa più significativa risieda nella pratica secondo la quale questo medico non denunciava l’avvenuto stupro di queste minorenni che a lui si rivolgevano, come invece prevedono le leggi dello Stato dell’Indiana, come se avesse voluto arrogarsi il diritto di risolvere i problemi di queste sfortunate femmine umane semplicemente facendole abortire. E sorge spontaneo chiedersi il perché, ossia quale sia stata la motivazione etica ad averlo stimolato in questa direzione.

È vero che ogni medico cerca di risolvere i problemi di salute dei  pazienti, e per questo esercizio si fa pagare e viene pagato. Dunque, certamente e giustamente, il Dott. Klopfer sarà stato pagato, ed anche ringraziato dalle sue pazienti, in nome della soluzione operata. Sembra, però, altrettanto vero che la funzione educativa che ogni medico, in quanto tale, dovrebbe svolgere non sia stata di suo interesse. Almeno, questo è ciò che si può apprendere dalla notizia, ancorché come deduzione possibile. Lasciare impuniti stupratori, oppure ragazzi incoscienti, di fronte alla gestazione di un essere umano, mi sembra davvero l’atteggiamento di colui che vuole sostituirsi alle leggi del proprio Stato, come se si ritenesse in grado di giudicare ed agire per il meglio delle proprie pazienti.

Vi chiederete perché mi esprima in questo modo.

Vi è un motivo, certo. Scrivo questo perché ho l’impressione che stia aumentando il numero di medici che hanno la tendenza a ritenersi non solo risolutori quasi assoluti dei problemi altrui, sia di salute che esistenziali in senso lato, e che si considerino talmente protetti dall’idea di scienza da confonderla con quella di giustizia. Ho la sensazione che questa confusione stia, peraltro, girando anche nella rete, all’interno della quale con il termine “scientifico”, oppure con la locuzione “evidenza scientifica”, si vuole imporre la propria visione del mondo, della patologia eventuale e dunque della persona.

Facciamo dunque attenzione, quando scegliamo i medici di riferimento, sia per le nostre malattie che per i consigli che crediamo siano davvero utili al nostro benessere. Ci vogliono medici dotati del “senso del limite”, come espressione di una giusta misura verso se stessi, i pazienti e il mondo e che tengano fede al giuramento di Ippocrate.

In fondo, l’arroganza ha tante facce.

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