Ha fatto discutere l’assegnazione del Leone d’oro al film di Gianfranco Rosi Sacro Gra, il documentario che racconta con uno sguardo attento e sensibile le “vite  di confine”, quell’umanità che si guadagna faticosamente l’esistenza ai bordi estremi della Capitale. Quasi un quarto di secolo fa, era il 1989, uscì per Bompiani Grande Raccordo. Era il terzo titolo di Marco Lodoli (dopo Diario di un millennio che fugge e Snack bar Budapest). Come nel film, anche in questa raccolta di racconti si incontra un’umanità “periferica” rispetto al mainstream della nostra quotidianità. Personaggi emancipati dai forzati gioghi della routine e quindi liberi, nella loro disarmante povertà materiale, di mostrare una vitalità e un’umanità affatto insolite. Quella che rimarrà fino ai giorni nostri (il suo ultimo romanzo Vapore è uscito quest’anno per Einaudi) una delle sue cifre migliori è appunto uno sguardo pietoso che ricrea i destini di personaggi che incontriamo con lo sguardo soltanto un attimo nel corso della nostra giornata. Personaggi folli e diversi, che vivono la solitudine non solo come un destino ma anche come una possibilità. Purtroppo il libro non è stato ripubblicato di recente. Di sicuro interesse però sono i suoi ultimi titoli (la trilogia costituita oltre che da Vapore, anche da Sorella, 2008 e Italia 2011, sempre per Einaudi) e la riedizione del fortunato romanzo d’esordio Diario di un millennio che fugge. Una lettura che vale la pena fare per uno degli scrittori più rigorosi e originali del nostro panorama letterario.

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