Speriamo che la Mondadori faccia in fretta a pubblicare l’edizione italiana dell’ultimo romanzo di Robert Harris. Lo scrittore e giornalista britannico ha appena pubblicato il suo ultimo libro An officer and a spy (Hutchinson Books) dove ricostruisce con un ritmo degno dei migliori thriller la figura e la vicenda dell’ufficiale Georges Picquart (foto) , che passò i suoi guai per aver difeso Dreyfus nell’omonimo affaire. Il libro nasce da due forti motivazioni che lo stesso Harris ha confessato nel corso di un’intervista rilasciata a un cronista del Guardian. La prima era quella di accontentare un suo “cliente”, ovvero il regista Roman Polanski che da tempo cerca una storia sull’affaire Dreyfuss da portare sullo schermo. La seconda è l’attualità di quello che poteva considerarsi come un processo mediatico ante litteram. Secondo Harris i  linciaggi pubblici, proprio grazie alla spregiudicatezza dei media, sono divenuti una delle piaghe sociali peggiori. E nel mettere all’indice questa corriva pratica di giudizio usa un’espressione molto bella “Whenever a crowd is running one way, I run the other” (“Quando vedo tutti correre da una parte, io istintivamente vado nella direzione opposta”). Una cosa ben più apprezzabile e motivata (nel corso della suddetta intervista) rispetto a quel celebre monologhetto che i nannimorettiani usano spesso citare. Laddove il protagonista di Caro diario scende dalla vespa per dire a un automobilista fermo a un semaforo: “Io credo nell’uomo, ma anche in una società migliore di questa io sarò sempre con la minoranza delle persone. Mai con la maggioranza”.  In confronto alla sparata snob del personaggio morettiano, la cauta riflessione di Harris assume un significato ben più profondo e importante. E non si limita a questo, l’autore di bestseller come Imperium e L’indice della paura  risponde così alla domanda su quanta verità può esserci in un thriller:  Ho pensato che una storia come quella del colonnello Picquart poteva essere raccontata soltanto come un thriller. Non sarebbe credibile con l’abito del realismo socialista alla Zola“. Ecco confermata da un grande scrittore britannico una verità che in molti qui già subodoravano. I romanzi di genere possono avere la stessa dignità dei polpettoni del Realismo, salvo annoiare di meno. E non è virtù da poco.

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