Con la sua vittoria, Alice Munro riesce in un doppio traguardo. Da  un lato aiuta tutti coloro (non sono poi tanti, purtroppo) che cercano da sempre di sdoganare il racconto come strumento non solo di indagine psicologica ma anche come veicolo di alta letteratura. Dall’altro riporta l’attenzione sulla centralità della narrazione. In un saggio dedicato proprio alla collega canadese, Jonathan Franzen si domandava: “Una narrativa migliore può forse salvare il mondo?” E proprio grazie ai piccoli grandi tesori della Munro ecco la risposta che si dava: ” C’è sempre una piccola speranza (a volte succedono cose inaspettate), ma la risposta è quasi sicuramente no. C’è una discreta probabilità, però, che possa salvarvi l’anima”. Lui se l’è salvata. E come lui anche gli accademici svedesi che l’hanno insignita del premio Nobel per la letteratura.

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