Due indizi non fanno una prova (il proverbio dice ne servono almeno tre di coincidenze), però è sicuramente lecito supporre che il momento sia arrivato per parlare di Goffredo Parise. Il primo indizio lo si trova tra le pagine dell’ultimo romanzo  (Il desiderio di essere come tutti, Einaudi) di Francesco Piccolo, che offre un appassionato omaggio all’autore dei Sillabari. E allo stesso tempo – ecco il secondo indizio – Adelphi ripubblica in formato digitale (e quindi a basso costo) Il prete bello, uscito per la prima volta nel 1954 per i tipi di Garzanti. Proprio come Piccolo, anche Parise è stato a suo tempo una sorta di intelligente etologo del comportamento umano e ne Il prete bello offre il ritratto (realistico, ma non troppo) di un popolare caseggiato della Vicenza del 1940 dove irrompe la figura di un religioso, vistosamente fuori dai consueti canoni di grigiore e miopia culturale. Don Gastone saprà ammaliare tutti gli abitanti del caseggiato. Sotto l’affresco realistico, però, allignano echi di un favolistico mondo, duro a morire e che fa da sponda a un appassionato umorismo. Di sicuro è una lettura ancora attuale (quando uscì furoreggiò tra il pubblico e in buona parte della critica). Come sicuramente attuale risulta essere il libro dal quale Piccolo ha attinto per il suo omaggio allo scrittore veneto. Si tratta di Verba volant. Profezie civili di un anticonformista (pubblicato quindici anni fa da Liberal libri). Un volume  che raccoglie, tra le altre cose, alcuni testi che andava scrivendo per la sua rubrica di dialogo con i lettori del Corriere della Sera. Piccolo viene colpito in particolare dalla risposta a un lettore nel 1974 che chiedeva a Parise di spendersi per difendere le colline vicentine dalla speculazione selvaggia. Piccolo cita Parise per dire che oggi, liberatosi dal velo di un pregiudizio ideologico o semplicemente da un pregiudizio psicologico,  avrebbe confezionato una risposta simile. Ci permettiamo di riportarne una parte. “Io non ricordo più quei paesaggi e quelle montagne, io se potessi difenderei l’intera Italia perché spero sempre nella sua unità, ma non posso andare contro la forza delle cose … la conservazione del ricordo è un dato al tempo stesso statico e regressivo che, in modo assolutamente certo, viene travolto dalla realtà contingente di oggi, quella in cui, lo vogliamo o no, siamo ancora impegnati a vivere”. Con garbo e intelligenza Parise assesta un duro colpo allo snobismo dell’establishment intellettuale che preserverebbe tutto ciò che lo circonda pur di difendere i propri ricordi, anche a discapito dello stomaco dei lavoratori e di coloro che intendono fare impresa.

Parise quindi oggi sarebbe sdoganato dai fatti più che dai vertici dell’industria culturale, quindi bene fa Adelphi non solo a offrire ai lettori di e-book una nuova edizione de Il prete bello ma di portare nella libreria digitale anche un volume che raccoglie i testi di questa rubrica. Il volume, curato da Silvio Perrella, si intitola Dobbiamo disubbidire. Altro che forconi. Qui l’intelligenza del grande scrittore offre risposte e stimoli ancora attuali. E soprattutto si porge come efficace antidoto al conformismo degli intellettuali.

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