Il colore delle pareti della camera da letto, quando ormai le era impossibile muoversi, era praticamente invisibile. Le tele di tanti amici e artisti famosi coprivano tutti gli spazi. Sul comodino solo un telefono, che lei ormai afona continuava a usare con ostinazione per far sentire almeno al sua presenza muta agli amici e parenti dall’altra parte del filo. E nel cassetto una poesia (autografa) a lei dedicata. La scrisse Rainer Maria Rilke quando condivideva lo stesso destino di deraciné nella Parigi degli anni Venti. Quella che nei versi è definita come «un geranio che sboccia/ nella dolce sera piovosa» è Helen Grund (1886-1982), più nota come Helen Hessel dal nome del primo marito, lo scrittore berlinese Franz Hessel.

Non c’è stata donna, nel «secolo breve», che è riuscita a catalizzare come lei l’attenzione di intellettuali e artisti. Pur non rinunciando mai al ruolo di moglie e di madre, è riuscita a vivere da protagonista il delicato passaggio tra le due guerre nella città intellettualmente più vivace all’epoca: Parigi. Non ci ha lasciato opere indimenticabili (era pittrice, giornalista di moda e scrittrice), a parte la traduzione in tedesco della Lolita  di Vladimir Nabokov, eppure vivrà in eterno. Grazie al fascino con il quale ha saputo stregare prima di tutto uno scrittore, Henri Pierre Roche, che l’ha resa immortale come vertice del più celebre triangolo amoroso della letteratura. Dietro i grandi occhi azzurri e il casco biondo di Helen si cela infatti la Catherine del romanzo Jules et Jim. Non un gran libro, ma un romanzo fortunato, visto che qualche anno dopo la sua pubblicazione (1953) finisce nelle mani di Francois Truffaut. Il regista rimane stregato dal racconto. Con Roche condivide la stessa venerazione per l’universo femminile. Finisce così per documentarsi. Legge tutto. Dalle altre pubblicazione dello scrittore, fino ai diari e alle lettere inedite che Henri Pierre e Helen si sono scambiati nel corso di una vita intera. Un film su un triangolo amoroso, però, è difficile da far digerire ai produttori (ancorché parigini). Ed è Jeanne Moreau all’epoca musa di Truffaut a sborsare di tasca sua i soldi per il film.La stessa Moreau che presterà il volto e la voce a Helen-Cathy.

La genesi del film, e prima ancora la genesi del romanzo sono al centro del libro Helen Hessel. La donna che amò Jules e Jim di Francoise Peteuil che esce ora in Italia per i tipi di Baldini & Castaldi. La studiosa francese ha buon gioco di offrire al lettore una biografia avvincente e raffinata dal momento che i protagonisti di questa storia si muovono nella cornice più emozionante possibile. C’è la Berlino degli anni Trenta. La Parigi dei surrealisti e dei cubisti. Ci sono le avanguardie letterarie. Ci sono gli esuli di mezzo mondo che si ritrovano nella Ville Lumière per dare un senso artistico alla propria vita. Helen aspirante pittrice arriva a Parigi dove conosce Rilke, Erich Klossowski (nume tutelare dell’arte figurativa parigina nonché padre di Pierre Klossowski e di Balthus), Costantin Brancusi, Max Ernst, la fotografa Giselle Freund, Marcel Duchamp e Man Ray. Molti di loro frequentano il Dome ed è proprio nel celebre locale di Boulevard Montparnasse che incontra Roche e il suo amico, l’erudito berlinese di origine ebraica Franz Hessel. È il 1912. E di questo coup de foudre à trois ci sono tracce non solo nei romanzi di Roche ma anche in quelli dello scrittore berlinese (per esempio in Romanza parigina, da noi pubblicato da Adelphi) e nel Journal della stessa Helen.

La Peteuil ricostruisce la dinamica di questa relazione per evidenziare non soltanto la portata «rivoluzionaria» dei costumi di questi tre «attori» ma anche l’indipendenza e la libertà intellettuale di Helen – davvero rara all’epoca – al cui confronto il Secondo sesso  di Simone de Beauvoir rappresenta un miope visione ideologica del femminismo. Anche le sue intuizioni politiche meriterebbero adeguati riconoscimenti. Helen Hessel fu tra i primi a rendersi conto della portata nefasta del nazismo. Lanciò anche un appello alle donne tedesche. Le donne erano l’unica, anzi l’ultima arma contro la violenza della guerra. Lo scrisse ne 1939 insieme con Aldous Huxley forte dell’esempio di Florence Nightingale che creòla Croce Rossa praticamente dal niente e in mezzo all’indifferenza generale. Purtroppo Helen non ebbe la stessa fortuna.

Nei campi di concentramento, poi, perse molti amici e parenti e il suo più grande rimpianto è di non essere riuscita a salvare l’amico Walter Benjamin che fino a pochi giorni prima della morte (1940) era rinchiuso nello stesso campo di prigionia del marito Franz e del figlio Stephan (divenuto celebre anche da noi per il pamphlet Indignatevi!).

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