Perché leggere i classici? L’eterna domanda offre via via risposte sempre differenti. Generate comunque dalla necessità del momento. C’è chi li legge per emanciparsi culturalmente, chi per curiosità intellettuale, chi per semplice diletto. Poi ci sono quelli che distribuiscono consigli. Che ti dicono perché vanno letti; perché vanno comunque conquistati in libreria; e perché vanno tenuti a portata di mano. Tra le tante voci autorevoli segnalo qui quella di Piero Dorfles, giornalista e critico, autore fra l’altro di intelligenti trasmissioni televisive sui libri, che ha da poco licenziato per i tipi di Garzanti un agile volumetto dal titolo I cento libri (che rendono più ricca la nostra vita). Segnalare questo testo è imperativo per un blog votato a difendere i libri di catalogo e più in generale quei romanzi “sempre verdi” perché sempre attuali. Con la semplicità dei veri sapienti, Dorfles motiva la sua scelta. Una lista che comprende cento libri, infatti, è destinata inevitabilmente a scontentare molti. “Si tratta – afferma l’autore – dei cento libri che oggi, in Italia, a mio avviso, è bene aver letto perché sono entrati a far parte dell’immaginario letterario collettivo”. Non è, però, questione di canone secondo Dorfles. Non si tratta di titoli che hanno conquistato diritti di “classicità” né patenti di eterna leggibilità. Piuttosto di strumenti utili per la vita collettiva. Si tratta, infatti, di libri che “permettono di stabilire un contatto con gli altri lettori perché rappresentano un patrimonio comune”. “Sono libri – spiega Dorfles – che anche al di là del loro valore letterario potete sentir citare in un discorso, in un saggio, in una chiacchiera da bar, in un articolo, e che possono essere necessari per capire di cosa si sta parlando”. Ecco la chiave di tutto: aver letto Cuore di tenebra, La fattoria degli animali, Il ritratto di Dorian Gray, Bartleby lo scrivano può servire non solo a sciogliere la nostra scrittura, a migliorare il nostro eloquio e ad allargare il nostro vocabolario. Serve altresì per essere sempre in grado di capire rimandi, allusioni e discorsi che sentiamo intorno a noi e che spesso si fondano proprio su archetipi e miti che hanno trovato nei libri (nei romanzi) la migliore e definitiva espressione. Per ognuno dei cento libri (divisi in dieci aree tematiche) Dorfles fornisce una scheda ampia che motiva le ragioni della qualità di questi capolavori.  Insomma se siete al bar e qualcuno vi parla di astuzia unita a coraggio potrebbe non riferirsi a un “divo” del calcio che incorna la palla con ardimento, bensì potrebbe alludere al coraggio dell’infanzia che spesso porta a gesti estremi e significativi come quello del piccolo Nemecsek che porta alla vittoria i ragazzi della via Paal. Viceversa se vi parlano con snervante costanza di un nobile russo di nome Oblomov, forse vogliono dirvi qualcosa circa la vostra (involontaria?) attitudine alla pigrizia e all’indolenza. Leggere i classici (o meglio i cento libri proposti da Dorfles) potrebbe quindi aiutare a ottenere una reattività dialettica adeguata a tutti i rischi connessi al vivere in mezzo a gente col pallino della citazione o dell’allusione maliziosa ma colta.

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