Cosa hanno in comune Giovanni Drogo, George Duroy e Julien Sorel? Non molto, a parte il fatto di essere divenuti immortali grazie all’estro letterario dei loro “genitori”. I protagonisti de Il deserto dei Tartari, di Bel Ami e de Il Rosso e il Nero sono solo alcuni degli esempi possibili in un discorso dedicato all’immortalità dei personaggi romanzeschi.   E  navigando in un simile dibattito, spunta all’improvviso una domanda che solo all’apparenza è oziosa. Quanto vale in termini economici il nome di un personaggio romanzesco?  Difficile dare una risposta. Almeno fino al prossimo 20 novembre  quando sarà possibile aggiudicarsi un biglietto per l’approdo nell’immortalità, garantito da coloro che oggi sono Maestri riconosciuti (ma viventi) e domani saranno Maestri venerati (perché defunti).   La notizia arriva dall’Inghilterra dove un nutrito gruppo di scrittori metterà all’asta i personaggi dei loro prossimi romanzi. Chiunque voglia vedere il proprio nome e cognome entrare dentro un romanzo d’autore dovrà partecipare a questa asta di beneficenza. Il ricavato infatti sarà devoluto a un’associazione che si batte per l’abolizione della tortura. Ecco alcuni degli scrittori che hanno aderito all’iniziativa: Margaret Atwood, Ian McEwan, Alan Hollinghurst, Joanna Trollope, Tracy Chevalier, Hanif  Kureishi, Robert Harris, Zadie Smith e Ken Follet. I nomi qui riportati sono quelli di autori che vendono in tutto il mondo milioni di copie dei loro testi. E che ovviamente fanno bella mostra di sé anche nelle edizioni tascabili, con le riedizioni dei loro primi titoli. Insomma parliamo di autori con la A maiuscola; “nomi di catalogo”.

Quindi, a ben vedere, la cosa si fa appetitosa. In buona sostanza a chi vorrà versare un obolo superiore ai diretti avversari, verrà concesso di regalare il proprio nome al personaggio dei loro prossimi romanzi. A quei personaggi che già esistono, evidentemente, nella testa dei rispettivi autori, ma che ancora non sono stati “battezzati”.

L’idea è venuta a uno dei più prestigiosi autori della scena inglese: Julian Barnes che il 20 novembre vestirà i panni di padrone di casa e banditore (coadiuvato da uno professionale di Christie’s) presso la sede della Royal Istitution of Great Britain di Londra.

La speranza per i generosi vincitori dell’asta è che anche il loro nome, come quello dei sopracitati eroi immortali, resti imperituro a futura memoria.

Il problema semmai è un altro. Di solito gli scrittori di razza non cedono al buonismo dei racconti edificanti. Raramente i personaggi sono positivi o encomiabili. Con le dovute eccezioni, beninteso, solitamente si tratta di frustrati, paranoici, nevrotici e nel migliore dei casi di donne romantiche un po’ sfasate.

Alex Portnoy è sicuramente, insieme con Holden Caulfield, il personaggio più conosciuto del Novecento americano ma entrambi hanno molto da farsi perdonare. Difficile pensare di voler concedere loro il nostro nome. E non credo ci sia chi voglia cambiare il nome di Emma Bovary o del tormentato Raskol’nikov col proprio. Se lo scrittore è di razza, il lettore/sponsor ha solo da tremare.

Toccasse a me scegliere chiederei a Giorgio Fontana di cambiare il nome del protagonista del romanzo che gli è valso il Premio Campiello. In Morte di un uomo felice (Sellerio), che ho appena finito di leggere, Fontana tratteggia con delicatezza, massima empatia e virile solidarietà il ritratto del magistrato idealista e cattolico Giacomo Colnaghi. Il ritratto efficace e memorabile di un giusto. Ma i giusti, anche in letteratura, sono proprio pochi.

 

 

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