Un piccolo capolavoro. Un’utile lettura. Una divertente divagazione. Indignazione di Henry James (1843-1916) è tutto questo. E molto altro ancora. E, a parer nostro, anche un bel ritratto dell’Inghilterra d’inizio Novecento. Il romanzo è tornato nelle nostre librerie grazie al ripescaggio di Fazi che ne ha affidato la traduzione al talentuoso Maurizio Bartocci. James lo ha scritto nel 1911. Ed è, tra l’altro, l’ultimo lavoro pubblicato in vita.

Il titolo originario (The outcry) qui viene tradotto forzando il significato. Da “scalpore”, “grido”, “protesta” si passa a “indignazione” (lo stesso titolo di uno dei capolavori riconosciuti di un altro scrittore americano: Philip Roth), cosa che potrebbe così confondere le idee ai frequentatori più distratti delle librerie. Il grido, la protesta, ma anche l’indignazione sono i sentimenti provati dall’opinione pubblica inglese stanca di vedere le gallerie private, le piccole ma ricchissime pinacoteche nobiliari letteralmente saccheggiate da ricchi magnati americani, avidi di trofei “artistici” da mettere in mostra nelle proprie magioni al di là dell’oceano. Uno sport, questo, per il quale gli americani evidentemente erano disposti a sborsare grosse cifre senza batter ciglio.

Ed è proprio quello che fa, o meglio che vorrebbe fare uno dei protagonisti di Indignazione. L’americano Breckenridge Bender è in visita nella dimora nobiliare di campagna di Lord Theign (Dedborough) dove scopre alcuni ritratti che potrebbero arricchire i salotti di casa sua. D’altronde sa bene che il povero (si fa per dire) Lord Theign ha due figlie ancora da maritare e pochi soldi nei forzieri. Inoltre una delle due figlie è conosciuta nella buona società soprattutto per la sua passione del gioco d’azzardo (dove è abituata a perdere ingenti fortune).

Lord Theign non avrebbe alcun problema a sbarazzarsi di alcuni dei suoi quadri se non fosse che l’altra figlia (lady Grace) ha una tresca con un giovane esperto d’arte. Questi (Hugh Crimble) non solo è esperto d’arte vittoriana e rinascimentale, ma anche un appassionato sostenitore della causa britannica. Armato delle più buone intenzioni con lady Grace, il giovane non rinuncia a sposare la causa di quella corrente di pensiero che vorrebbe conservare il patrimonio artistico della nobiltà inglese entro i confini nazionali. I due, lord Theign e Hugh Crimble, quindi, vivono dolorosi conflitti interiori. E cercano di salvare faccia e dignità cercando di conciliare i moti del cuore e le esigenze del caso.

James mostra in quest’occasione non solo il suo talento di scrittore (basti pensare che uno dei protagonisti del romanzo, lady Imber, pur estremamente importante nell’economia del racconto, non compare mai in scena), l’eleganza del suo dettato (fedelmente riprodotta dalla traduzione proposta da Fazi) ma anche di aver assimilato fino in fondo la sua lezione di cultura inglese. Lo scrittore americano (di origine, però, irlandese) ha oltrepassato l’oceano e scelto di vivere nella vecchia Inghilterra. Scelta che condiziona, e non poco, il suo lavoro di scrittore. Fortemente influenzato dalla cultura del Vecchio Continente, qui James offre un felice confronto tra i due poli opposti di questa contesa: da una parte il nuovo mondo, i suoi campioni, la sua corriva spontaneità, la superficialità e arroganza con cui si veste; dall’altra il vecchio mondo (la vecchia Inghilterra), con le sue debolezze, le sue incertezze, la sua nobiltà decaduta, ma anche la raffinatezza del suo modus operandi e della sua cultura.

Un paio di esempi per rendere la maestria dell’autore di Giro di vite e Ritratto di Signora in quello che ovviamente è apparso al pubblico inglese dell’epoca come il suo ultimo capolavoro.

  • Ecco come l’autore descrive il magnate americano al suo ingresso nella magione di Lord Theign: “Mr Bender superava il metro e ottanta e aveva l’aria di chi ha ricevuto ogni privilegio direttamente dalle mani della sorte. Robusto, forte, rilassato, brillava di una sorta di purezza radiosa, di una sicurezza e di un equilibrio naturali, bene armati e ben equipaggiati… Questi aspetti avrebbero potuto dare di lui, della sua vita e del suo carattere un’immagine ammirevole, addirittura perfetta, se questa non si fosse infranta su un importante particolare. La fortuna, la felicità, la natura… aveva semplicemente ignorato o trascurato il largo viso accuratamente rasato, che non pareva tanto sommariamente abbozzato quanto non raffinato, non formato non rifinito, né compiuto in alcun modo”
  • Ed ecco qui invece una dei più significativi sfoghi di Lord Theign: “Oh, i piaceri non desiderati sono come le relazioni non cercate: una vera noia!

Poche righe che sintetizzano con felicissime pennellate due mondi così lontani. Separati da un oceano ma uniti da una lingua. La lingua di Henry James, appunto.

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