Tra poco più di un mese, come tutti sanno, ci saranno le elezioni amministrative a Milano (oltre che in altre città): Il candidato del centro-destra – qui unito e compatto – è Stefano Parisi, già city manager del sindaco Gabriele Albertini, direttore generale di Confindustria, amministratore delegato di Fastweb, insomma un manager di grande esperienza ed anche un mio caro amico, in cui ho piena fiducia. Naturalmente voterò per lui e per la sua lista civica e spero che molti milanesi che mi leggeranno facciano altrettanto. Per convincerli, gli ho fatto una intervista, che riporto qui sotto, e che dovrebbe fornirvi utili elementi per giudicarlo.

Dottor Parisi, lei è riuscito nel miracolo di mettere d’accordo sulla sua candidatura forze che altrove litigano in continuazione e perfino di tirare dalla sua parte un partito che a Roma è al governo con Renzi: Mi spiega come ha fatto?

Il primo motivo è che i componenti della coalizione che mi sostiene si sono resi conto che qui a Milano – una città che ha sempre anticipato tutte le altre nelle innovazioni politiche – si gioca anche il futuro del Paese: perciò, con encomiabile senso della responsabilità, si sono accordati su un programma e su una persona come me, con un profilo “inclusivo” e una storia di concretezza nella sua attività professionale.

Quali ripercussioni potrebbe avere a livello nazionale una vittoria sua e della coalizione che la appoggia?

Premesso che il mio solo obbiettivo è di vincere la corsa per sindaco di Milano e di rilanciare questa città che finora ha sfruttato solo in piccola parte il suo grande potenziale, di ripercussioni a livello nazionale ce ne saranno fatalmente, nel senso di indicare all’Italia moderata quale è la strada per la vittoria. La mia lista, formata in grandissima parte da esponenti della società civile, potrà anche servire da collettore per i voti di coloro che, senza avere cambiato campo, pensano di starsene a casa perché non hanno più fiducia nei partiti. Solo a Milano, sono oltre centomila.

Tutti sono d’accordo che per vincere una competizione all’ultimo respiro come quella di Milano, bisogna stanare e portare alle urne il maggior numero possibile di astensionisti e di indifferenti. Lei come pensa di procedere?

Cercherò di contattare personalmente il maggior numero di cittadini possibile, di usare al meglio i social network e di ascoltare che cosa la gente vuole da me, dialogando anche con chi in passato ha votato a sinistra ma che, come ha rivelato un sondaggio del Corriere della Sera, in misura di 56 su cento vogliono il cambiamento. Oltre a partecipare al maggior numero possibile di manifestazioni,  conto anche di fare visite a sorpresa nei luoghi dove si svolge   la vita cittadina. Non solo i soliti mercati ma anche – perché no? – i locali dell’happy hour. La battaglia per il voto degli indecisi e degli indifferenti sarà cruciale soprattutto al ballottaggio, in cui dovremo contenderci anche il voto dell’elettorato Cinque-stelle- Confido nella sua volontà di cambiamento, per conquistarne la maggioranza.

Uno dei punti forti del suo programma è il ripristino della sicurezza. Come intendete procedere, visto che in materia il sindaco non ha molti poteri?

Anzitutto, il sindaco fa parte del Comitato per la sicurezza costituito in prefettura e perciò ha modo, per così dire, di tirare per la giacca le autorità competenti perché facciano di più. Sono anche favorevole al ritorno dell’esercito nelle strade, e a un uso più incisivo della polizia locale. Ma l’arma segreta, che potrebbe veramente cambiare le cose, è la messa in rete di tutte le telecamere che già tengono sotto controllo larghe parti della città, consentendone l’accesso in tempo reale alle forze dell’ordine. Queste saranno munite di un nuovo software capace di segnalare automaticamente, cioè senza bisogno di una costante vigilanza dell’uomo, qualsiasi comportamento anomalo o sospetto e di dare l’allarme: in questo modo non sarà neppure necessario che i cittadini chiamino le forze dell’ordine, perché queste potranno intervenire di loro iniziativa in tempi molto più rapidi.

Visto il suo passato di amministratore delegato di Fastweb, l’azienda che ha cablato la città, lei ha fama di essere un magio dell’informatica. Come pensa di mettere questo bagaglio di conoscenze al servizio dei cittadini?

Le nuove tecnologie ci offrono infinite possibilità per migliorare la qualità della vita dei milanesi, permettendo loro di fare in pochi minuti ciò che ora può richiedere ore. Bisogna anzitutto trasformare la macchina comunale. Oggi non c’è l’interoperabilità tra le varie banche dati, con la conseguenza di allungare i tempi di tutte le pratiche. E’ una opportunità enorme, che non dobbiamo lasciarci sfuggire.

Un altro problema gravissimo è il traffico, che la follia della giunta Pisapia ha ulteriormente peggiorato con scelte cervellotiche, come la pedonalizzazione di piazza Castello ne l’introduzione di sensi unici labirintici. C’è stata perfino, secondo molti, una specie di guerra ideologica agli automobilisti. E’ pronto a fare marcia indietro dove necessario?

Certamente, la follia di piazza Castello e altre simili vanno abolite. Oltre tutto, creano intasamenti che non solo fanno perdere tempo prezioso, ma contribuiscono anche all’inquinamento. Ciò non toglie che, in proiezione futura, bisogna migliorare soprattutto l’offerta di servizio pubblico, in modo da renderlo competitivo al massimo con quello privato.

Chiudiamo con la domanda più difficile. Sul problema della accoglienza ai profughi, ci sono nella sua coalizione opinioni difficilmente conciliabili. Come pensa di superare queste differenze?

Con un atteggiamento pragmatico, teso a spoliticizzare il problema e cercare invece di risolverlo sul terreno. Ho proposto che un piano per affrontare questa emergenza, che tra l’altro si potrà solo aggravare nei mesi prossimi, sia predisposto prima delle elezioni e accettato da tutti. Ma sono anche convinto che a Milano il limite delle possibilità din una accoglienza decorosa sia già stato raggiunto.

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