Come ampiamente prevedibile, il video diffuso dai jihadisti ritraente le due “cooperanti” italiane rapite in Siria sta scatenando reazioni opposte, e spesso molto forti. Del resto non potrebbe essere altrimenti, ed è tanto facile quanto ingenuo stupirsene. Un gran coro di voci, provenienti da sinistra, non ha mancato di esternare la propria contrarietà ai toni (spesso eccessivi) usati nel dipingere le due ragazze. Ma ad una critica al linguaggio talvolta scurrile che si usa per criticare la scelta delle due giovani, si è accompagnato un altrettanto bolso coro di difesa a spada tratta dell’attivismo e del candore delle stesse. Candore tutto da dimostrare, così come tutte da dimostrare sono l’assenza di posizioni politiche che hanno accompagnato il viaggio e la correttezza delle stesse, qualora presenti.

Dalle foto facilmente reperibili in internet e sui social network e dai commenti accompagnanti le immagini pare davvero che le ragazze non fossero affatto (come sarebbe invece auspicabile) delle semplici infermierine, dottoresse di campo o lavoratrici disinteressate. Il gran sfoggio di bandiere, arazzi e messaggi politici rende invece l’idea di un quadro ben diverso: quello di una coppia di ragazze che sono partite in Siria per supportare l’ennesima rivoluzione colorata o primavera araba (sempre presentateci qui, dalla sinistra nostrana, come sfoggio di democrazia e libertà) ai danni di un governo sovrano. Una situazione insomma simile a quella che successe con la Libia, in un contesto di appoggio da parte del PD e del centrosinistra ad una linea rivelatasi poi disastrosa: quella dell’incoraggiamento alla destituzione di Gheddafi, che ha fatto sostanzialmente piombare il vicino Mediterraneo nel caos. Veniamo ora alla Siria; altro paese mediterraneo, stessa storia ma se possibile ancor peggiore negli esiti. La discriminante in questo caso è l’ISIS, che ha finito col fagocitare gran parte della rivoluzione bella & giusta sponsorizzata qui dai fronti progressisti. Il fronte Al Nusra, che pare detenere le ragazze, fino allo scorso gennaio combatteva sostanzialmente fianco a fianco con l’Esercito Siriano Libero, le cui bandiere non mancano praticamente in nessuna foto ritraente le due italiane. Il quadro pare bello e fatto, sfoltendo i rami da molte delle esagerazioni fin qui notate sembra sufficientemente chiaro e offre una ennesima riproposizione di una rivoluzione creata ad hoc, e degenerata. Nel rapimento delle due ragazze vi è l’emblema del fallimento della politica estera democratica (USA ed italiana) nel Medio Oriente e nei confronti di tutto quel che non profuma di Washington e salotti radical nostrani e stranieri. Vi è una rivoluzione che ha portato morte, orrore e distruzione in un paese laico e sovrano, la fagocitazione di gran parte della stessa con la creazione dello stato islamico. Dall’altra parte invece la sola, coerente posizione di un paese, la Siria di Assad, che fin dal primo giorno di questa atroce guerra civile combatte il terrorismo fondamentalista islamico e l’ennesimo tentativo di omologazione politica tentata dagli USA democratici. Politica appoggiata, ancora una volta, da un centrosinistra ormai divenuto incommentabile pure per la difficoltà che insorge nel seguirne le giravolte ideologiche.

Personalmente spero che le due ragazze non paghino con la vita la loro leggerezza geopolitica. Mi auguro che possano tornare, ma nell’augurarmi questa ipotesi, e non la morte di due coetanee, vedo già i possibili scenari. Un ritorno in patria da eroine della sinistra, da cooperanti col sorriso e da emblemi del terzomondismo democratico. La riproposizione della figura della giramondo colta e superiore, con l’aria di chi nella vita le ha provate tutte ed è autorizzata a partecipare a salottate, conferenze, lezioni di morale. Vedo interviste con cotanto di sciorinature in stile “La Siria non va lasciata sola”, “la Siria va aiutata nel suo percorso di Democrazia”, “Putin il dittatore ha supportato la Siria di Assad, quindi bisogna combatterlo se si vuole costruire l’Europa”, e altre corbellerie. Mi immagino le ospitate coi Michele Serra, con le Susanna Camusso, con i Civati e i Vendola, in una celebrazione casereccia della cooperazione che tanto fa trendy. Pare quasi una industria ideologica, quella della cooperazione democratica. Una industria con il suo brand, i suoi slogan, pure i suoi finanziamenti. Potrebbero pure chiamarsi Coop Erranti, ormai. Erranti in un mondo cattivo e che non capisce, retrogrado, ove bisogna esportare democrazia libertà e cultura, se serve pure con le maniere forti. Chiudo l’articolo augurandomi una sola cosa: che le due signorine in questione possano venire liberate dall’esercito della Siria di Assad e rispedite in Italia, ove si spera dovranno chiarire un bel po’ di questioni. Sarebbe per una volta una lezione al contrario, una lezione data ai maestri del Giusto e del Libero, del Colto e del Corretto. Una lezione storica, come storici e nefasti sono ormai gli esiti di queste rivoluzioni mancate, o primavere arabe che si vogliano chiamare.

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