B9qPULDIUAAjFQ8
L’attesa per il referendum in Grecia di questi giorni ha portato con sé un profluvio di toni millenaristici, messianici, pure apocalittici a seconda della prospettiva dalla quale si osservava la situazione in quel di Atene. Pareva di trovarsi di fronte alla scelta tra Gesù Cristo e Barabba, più in generale in una situazione di assoluta esagerazione del significato del voto, e dei suoi effetti a breve-medio termine.

Possiamo tranquillamente dire che la Grecia con questo voto non si è guadagnata l’uscita dall’Euro, tantomeno quella dall’UE. Il voto di ieri è stato un semplice diniego rispetto ad un progetto di riforma per il rientro dai debiti, e non un voto sull’adesione ad una UE che, almeno sulla carta, resta salda. E non resta salda solo per fatalità, o per rispetto verso un patto, ma perché contrariamente a ciò che si può leggere un po’ dappertutto in questo bailamme di voci e posizioni, a partire da Bruxelles ma soprattutto da Washington l’interesse è quello di una Grecia pienamente inserita in un alveo geopolitico dalle tinte europee. Una Grecia al sapore di Dracma e conseguentemente di Vladimir Putin spaventa tanto la Merkel e Hollande quanto Obama, e segnerebbe un colpo troppo forte non tanto ormai per la stabilità finanziaria dell’eurozona (stiamo parlando di un paese virtualmente già fallito) ma più che altro per la sua stabilità politica e diplomatica, con una UE privata di uno stato culturalmente fondamentale e pure scippata dall’odiato presidente russo di un paese essenziale per la storia e gli equilibri mediterranei.

Lo stesso Tsipras non ha mai fatto mistero di voler rimanere nell’Euro, e la processione di adoratori vista ieri in terra ellenica, da Vendola a Ferrero, non è altro che la riproduzione casereccia di una sinistra che mai ha parlato di una uscita dalla moneta unica, denigrando spesso quest’ultima ipotesi come populistica, in un trionfo di ipocrisia pure piuttosto imbarazzante, se si pensa che negli ultimi tre giorni abbiamo assistito ad un’orgia di commenti trionfalistici sull’utilità della scelta popolare, del voto democratico e dell’Europa che fa scegliere.
La Grecia ieri ha scelto Tsipras. Ma scegliendo Tsipras ha scelto un leader che in questi giorni riprenderà come prima, anzi più fortemente di prima i colloqui con il FMI, con la Merkel, Schaeuble e gli altri funzionari economici che in questi anni si sono occupati a livello comunitario della disastrata situazione ellenica.

Tsipras non è il Lenin di cui ci parlano, e questo voto non è una Rivoluzione d’Ottobre. E’ solamente una piccola conferma per un governo di sistema, già da stamattina pronto a cercare una soluzione condivisa con l’UE, che magari concederà qualcosina, una dilazione, un segnale, una pillola che, seppur indorata dalla retorica del voto, resterà una pillola. L’importante per chi conta davvero, a partire da Tsipras e da Obama, è che la Grecia resti nell’Euro e in Europa.

https://www.facebook.com/alessandro.catto.9

Tag: , , , , ,