Il prossimo 22 ottobre i cittadini di Lombardia e Veneto saranno chiamati alle urne per decidere se appoggiare la richiesta di maggiore autonomia delle due regioni dallo Stato, appoggiando il percorso dei due governatori Maroni e Zaia nell’intavolare trattative ad hoc. Un tema che fa perno sull’alto residuo fiscale ceduto dalle due regioni in questione, risorse che con una gestione più decentrata potrebbero rimanere sul territorio e favorirne lo sviluppo.

Va detto che, pur essendo l’argomento economico decisamente importante per decretare l’appoggio a questa consultazione, la questione è anche etica. Da tempo la discussione sul decentramento amministrativo dello Stato è infatti troppo ferma, in un silenzio piuttosto imbarazzante.

Se diamo uno sguardo alle principali nazioni oggi presenti sul proscenio internazionale possiamo notare un’alta tendenza al decentralismo, se non a veri e propri impianti federali. Sono federali gli Stati Uniti ed è federale la Russia. Federali anche India e Canada, federale è la Germania assieme al Regno Unito e alle vicine Svizzera ed Austria. Impossibile credere che tutte queste nazioni abbiano sbagliato modello, triste diventa valutare quanto il dibattito sul federalismo e sulle autonomie sia fermo in un paese come l’Italia, culla della civiltà dei comuni e degli stati regionali nell’epoca medievale e moderna, culla del rinascimento delle mille identità e delle mille culture da salvaguardare.

Un dibattito mai pienamente sbocciato, favorito da tendenze di governo centraliste e mai capaci di confrontarsi con una esigenza strutturale come questa, capace tra le altre cose di fornire senso di responsabilità e identità a tutti i popoli coinvolti. Un centralismo inutile, che tra le altre cose nel tempo non ha nemmeno favorito un senso di appartenenza forte o un impianto statale o burocratico efficiente, anzi.

Il referendum di ottobre, purtroppo, è in tal senso solo un rimasuglio, la versione abbozzata del grande tema di un federalismo uguale per tutti, giusto e consapevole, a cui potremmo aspirare tutti, da nord a sud, ma può avere la giusta valenza di segnale, di input per tornare a parlare di certi temi e per promuovere una forma di governo più evoluta anche a casa nostra. Può e deve essere non solo un giusto punto di arrivo per i cittadini di Lombardia e Veneto, ma un punto di partenza per rilanciare un dibattito che in Italia è necessario, quello sul federalismo per tutti.

Un referendum, quindi, da appoggiare convintamente proprio per il significato strutturale che il rilancio di un tale cammino riformistico avrebbe, finalmente, per il nostro paese.

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