Il valore retorico dell'”urfascismo”, tanto in voga nelle nuove filippiche delle sinistre occidentali, è quello di etichettare in maniera semplicistica un insieme di atteggiamenti politici, magari totalmente democratici, che solo perché non graditi dall’establishment avrebbero la colpa di incarnare un fascismo eterno e mai sepolto.

Una etichetta utile, insomma, a squalificare alla base qualsiasi tipo di alternativa politica che non presenti la benedizione delle classi dominanti, tesa a racchiudere in una sola definizione qualsiasi ipotesi di rivolgimento o cambiamento, specialmente quando proveniente dal basso.

Sovranità popolare? Oddio che schifo, fascismo! Difesa della propria cultura? Urca, fascismo! Critica all’immigrazione? Perbacco, fascismo e razzismo! Amor di patria? Sempre fascismo, forse anche interismo! A chi non è mai capitato? Ecco, con l’urfascismo tutto diventa un pelo più letterario, ma la narrazione resta ugualmente superficiale e inadatta a valutare le questioni a noi contemporanee e i fermenti politici di nuova generazione.

Quando la richiesta di conservazione è condita con l’abbondante e comoda retorica di un ritorno sempre possibile delle “camicie nere” e della repressione, diventa molto più facile cestinare qualsiasi critica, nonostante la fine del ventennio mussoliniano e con una definizione che oltretutto arriva ad estendersi non solo all’estrema destra, ma anche a qualsiasi posizione di sinistra non confacente all’imperante filone liberal.

Una caramella culturale in voga con l’andazzo dei tempi, insomma, ideale per tematizzare l’assoluta necessità, da parte del pensiero dominante, di etichettare in un lazzaretto retorico qualsiasi tipo di reale alternativa politica.

Il tutto è ovviamente in linea con l’utilità media dell’antifascismo odierno, riassumibile ormai, come fatto nel nostro libro, in un “orgoglio di appartenenza alla società globale, multietnica, migrante, aperta, liquida, perennemente opposta a chiunque parli di presenza dello Stato, di identità, di comunità nazionale, di confini da rispettare, ovvero uno dei tanti pilastri retorici dell’accettazione dell’attuale”.

Eccola spiegata la validità e l’utilità retorica dell’urfascismo, sicuramente molto ampia per chi ha l’interesse a conservare, inutile e sostanzialmente nemica di chi vuole presentare una alternativa popolare. 

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