Uno dei più bei regali ricevuti durante l’infanzia sono stati un paio di stivaletti di un delizioso color giallo canarino. Dono di mio nonno paterno, che a quei tempi vedevo raramente; ma quel poco che lo vidi, mi permetterà di ricordarlo a lungo per il buongusto e la raffinatezza. Li aveva scelti perché mi riparassero dalla pioggia e perché potessi dare libero sfogo al mio vanto, affinché protezione e orgoglio potessero camminare felicemente a braccetto. Ricordo di essermene infatuata al punto da tenerli sul davanzale della finestra, per non perderli mai di vista.

C’era solo un “piccolo” inconveniente: gli stivaletti calzavano entrambi lo stesso piede, per l’esattezza il destro. Quando aprii la scatola, non prestai alcuna importanza all’anomalia, pensando che il problema fosse del tutto superabile. In realtà non fu proprio così. Il piede sinistro m’infastidiva parecchio e nonostante cercassi di non farci caso, i piedi si ostinavano ad assumere un aspetto piuttosto strano…

Mi misi allora a correre lungo il corridoio per attirare l’attenzione dei più grandi sull’accaduto, ma non ci riuscii. Il mio slancio fu prontamente stoppato da mia madre, il cui ammonire sulla sventatezza mostrata – non avevo ancora compiuto i sei anni – tuonò come un fiume in piena. Mi intimò di non proferire parola, poiché sarebbe stato ingeneroso da parte mia, rispetto agli sforzi compiuti dal nonno per garantire una certa quantità di regali per tutti. Decisi di fare marcia indietro. Sconsolata, non mi rimaneva che continuare a contemplare l’oggetto del mio desiderio.

Spesso meditavo di raccontare di nascosto l’incidente al nonno, nella speranza che riuscisse a trovarmi uno stivaletto per il piede sinistro – magari anche di un altro colore…Ma la paura di causargli un dispiacere era diventata un chiodo fisso e mi spingeva a lasciare perdere ogni volta che ci provavo. Anzi, quando mi fu chiesto se gli stivaletti di gomma andassero bene, mi sforzai persino di trovare le parole giuste e convincenti. L’amarezza si era insediata nel mio cuore e, dal mio punto di vista, il “problema” era abbastanza enorme…

La domanda che oggi mi pongo….e se invece di tacere mi fossi presa la libertà di parlare? Forse ora non mi sarebbe così chiara quanto sia preziosa la libertà dell’individuo. L’attuale società albanese è il prodotto di un generale silenzio di massa, storicamente determinato da uno spietato sistema sociale che per tanti anni contrastò le piccole libertà individuali propagandando la grande libertà collettiva.

La repressione dei pensieri, delle idee, delle parole e dello stesso silenzio atrofizzano lo sviluppo e frenano il progresso. Ci serve la piccola libertà, la piccola libertà che ne genera una più grande, perché è quella che viene tramandata alle future generazioni o, in ultima istanza, ci aiuta a innalzare un aquilone nel cielo di ciascuno di noi.

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