E da tanto che volevo scrivere un pezzo sulla gratitudine. O, più precisamente, su quanto sia importante riconoscerla e manifestarla. Tocca inevitabilmente imbattersi ogni giorno in persone grate ed ingrate. Con quest’ultime, cerco di non averci a che fare, anzi le tengo lontane con lo stesso metodo con cui respingo la polvere posata sul davanzale della finestra. Non mi viene in mente un altro termine di paragone. Per di più, questo tipo di polvere si disperde nello spazio, senza neanche possedere la fortuna di restare attaccata allo straccio. Proprio come gli ingrati. Le persone più perdenti del globo.

Ho letto che nel mondo antico la gratitudine veniva rappresentata con le fattezze di una donna con un mazzo di fiori in una mano e dei piselli verdi nell’altra. Di fianco vi era una cicogna, simbolo di fertilità e di buon auspicio. Non dimentichiamo che i piselli sono la prima verdura utilizzata dagli esseri umani, addirittura cinque mila anni avanti Cristo. Intendo dire che i primati,  la confrontavano con il fascino di una donna, donandole la vastità dei colori floreali, la prosperità  del cibo e della buona sorte. Evidentemente se ne intendevano.

Sono stata testimone di un gesto di riconoscenza in questi giorni. Il papà di una mia carissima amica ha dovuto affrontare non pochi problemi di salute recentemente. Ne ho patito anch’io, perché tutta la famiglia fa parte di quelle persone che mi stanno molto a cuore. Inoltre, questo nobile signore, pacato ed intelligente, si è sempre distinto per essere una persona vivace e molto attenta a se’. Appartiene alla categoria dei finanzieri vecchio stampo, per i quali la precisione quotidiana nell’annodare la cravatta significava simbolicamente il modo di affrontare la vita…. Con grazia e rigore.

Mi raccontava che di tanto in tanto, riceveva la chiamata di un amico della gioventù che non vedeva da molto tempo. Ogni volta l’amico si informava pazientemente dell’appetito, se si alimentava ai pasti, e del sonno, se fosse confortevole o meno.

Durante una di queste telefonate, gli aveva detto: “Ti ringrazio per l’interessamento, amico mio. Non dimenticherò e ti sarò per sempre grato”. Io – purtroppo e per fortuna, allo stesso tempo – impastata sino al midollo con un’accentuata sensibilità nei confronti di questi dettagli celati dell’animo umano, gli dissi a bassa voce, che gli amici o sono tali o non lo sono. Lui, aggiunse con una tonalità ancora più bassa della mia: “La gratitudine dovrebbe essere riconosciuta e manifestata, mia cara”.

Mi emozionarono queste parole, sapendo quanto soffre un uomo che sta combattendo per la sua salute. Ma ancora di più mi commosse la profondità del suono e del cuore con cui le pronunciò. Come se si trattasse dell’uomo più sano del mondo…

Beato colui che ha un cuore grato! Anche quando si riceve un bicchiere di acqua. A volte prendiamo e beviamo, senza ricordarsi della mano che ce la sporge. Spegniamo la sete. Prosciughiamo i sentimenti.

Siamo troppo pigri per pronunciare due parole gentili, e non comprendiamo che la gratitudine è una delle poche virtù che può essere coltivata. Si tratta di una fonte di ottimismo, di benessere, di equilibrio, di umiltà obbligatoria di fronte ad ogni buona azione, per quanto piccola.

L’umana scienza segnala che la socializzazione a questa preziosa virtù avviene durante la prima decade della vita di un bambino. Ma l’esperienza dimostra che la si impara anche quando i capelli iniziano ad imbiancare. E allora, la testa si volta indietro.

Tag: , ,