I senesi sono disorientati. Hanno perso l’ultima lettera di Mps, ora Monte dei Paschi di Stato. E il 10 giugno dovranno mettere una croce nell’urna alle elezioni comunali scegliendo tra ben nove candidati. Si ripropone l’attuale sindaco piddino-renziano, Bruno Valentini ma dovrà vedersela anche con il compagno di partito Alessandro Pinciani, area Margherita, che ha lanciato una propria lista. Nell’orbita Pd gravita anche David Chiti, che guida la lista Siena Doc (Chiti è stato in passato consigliere comunale ai tempi della breve esperienza di primo cittadino dell’ex deputato del Pd, appunto, Franco Ceccuzzi). Contro Valentini, Chiti e Pinciani, corre l’avvocato Luigi De Mossi, con la sua lista civica ma forte anche del sostenuto di tutti i partiti del centrodestra unito (dopo che la Lega di Siena ha ritirato il suo candidato Alberto Guasconi in seguito all’accordo a livello regionale tra Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega). E poi Sergio Fucito di Casapound, Luca Furiozzi di M5s, l’ex sindaco Pier luigi Piccini con una propria lista, Massimo Sportelli con la propria lista SPQS, sostenuta anche da Nero su Bianco, Siena Aperta e Sena Civitas, e, infine, Alessandro Vigni di Sinistra per Siena appoggiato anche da Potere al Popolo. Una gran confusione, insomma. Da cui rispuntano fuori i vecchi, soliti, grovigli che per anni hanno strozzato banca e fondazione. Proprio sul nuovo vertice di quest’ultima si stanno agitando gli ultimi appetiti. Non è più il bancomat della città da quando ha perso il controllo del Monte ma Palazzo Sansedoni può ancora tornare utili in termini di consenso elettorale. Ed ecco allora che Valentini vuole fare le nomine dell’ente prima del voto e non intende accogliere le richieste di De Mossi di posticipare il giro di poltrone a dopo il voto. Di certo, è agli atti in commissione finanze del Senato che le colpe della crisi della Fondazione Mps, sono riconducibili alle pressioni della politica. E guarda caso proprio in questi giorni viene fuori che la banca (con l’ente primo azionista) erogava milioni di euro ai partiti e a figure pubbliche. Lo stesso De Mossi che nei giorni scorsi ha chiesto all’ad Marco Morelli con quali condizioni e perché sono stati concessi i prestiti. «Spieghi anche perché non ha adempiuto alle sentenze che impongono la riassunzione dei dipendenti del Monte dei Paschi illegittimamente trasferiti a Fruendo», ha tuonato l’avvocato senese sfidando il sindaco uscente ad un pubblico confronto sulla gestione e sul ruolo della Fondazione che, «vista la sua posizione, ha gli strumenti per superare la normativa della privacy sulle erogazioni e chiamare i responsabili a rispondere». La sfida di un probabile ballottaggio (secondo gli ultimi sondaggi) fra Valentini e De Mossi viene lanciata anche sul campo della gestione delle partecipate del Comune, su tutte le nomine e sulla sottoscrizione di contratti e concessioni effettuate prima della scadenza di mandato del Valentini che impegnano la prossima amministrazione. Invocando un cambiamento vero.
Siena annaspa in vista del voto, nella città del Palio i fantasmi del passato sono sempre in agguato ma sono cambiati gli equilibri romani e la cappa di controllo (del Pci, prima, e poi Pds, Ds e infine Pd) che per anni ha rallentato il fiato della banca e della fondazione si sta diradando. Se si vuol riportare il Monte fuori dalla palude con lo Stato fuori dal capitale bisogna convincere gli investitori che l’ingerenza della politica è finita.

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