paola_mastrocolaEppoi succede che una-maestra-una decide di scioperare. Per fortuna non quella prevalente, cioè quella che ha più ore e con la sua bicicletta si è presentata puntuale anzi prima ancora che aprissero il portone.

Succede che decide di scioperare la maestra che copre le ore dalle 10.30 alle 12.30.

E quindi la scuola che fa? Niente. Ovviamente.
Mentre protesta contro la “buona scuola” comunica alle mamme – o chi per loro – di riprendersi i pargoli  alle 10.30 e di riportarli in classe alle 12.30. Con buona pace dell’insegnante che si gode il suo, sacrosanto, diritto di protestare.

Sicuramente questa non è buona scuola. E non c’è bisogno di spostarsi da destra a sinistra per capirlo.

Ieri sulle pagine del Mattino di Napoli, Paola Mastrocola, insegnante al liceo prima che scrittrice (affermata), ha esordito con un dubbio che la dice tutta: “Francamente non ho capito su cosa scioperiamo…“.

Se lo dice lei… E all’intervistatore che le butta lì che si tratta per l’assunzione di 100 mila precari,  risponde così: “E’ singolare: un sindacato deve scioperare se il governo si decide a risolvere il problema del precariato con un pacchetto così consistente di assunzioni”. 

E insiste: “Mi auguro che questa sia l’ultima sanatoria, e che si torni ad assumere nella scuola giovani insegnanti preparati e qualificati. Affermando finalmente una parola finora sconosciuta: il merito“.

E via di questo passo.

Scuola per i ricchi? “Mi pare uno slogan degli anni ’70”

La verità – dice – è molto triste: la scuola italiana sforna analfabeti, ragazzi che non sanno più pensare, apprendere e studiare”

“Mettiamola così: in questo modo il sindacato ha rovinato non solo la scuola, ma l’Italia. Adesso l’ho detto”.
“H
o toccato con mano questa rovina. Abbiamo insegnanti che cambiano continuamente scuole, senza radicarsi da nessuna parte e senza dare continuità al loro lavoro. Poi arriva un supplente bravo, e un preside non può neanche trattenerlo!  Se invece avesse un potere reale, meno burocratico, potrebbe fare le sue scelte e sarebbe il primo ad avere interesse a non sbagliare. In una cattiva scuola, le famiglie fuggono e non iscrivono i propri figli; una buona scuola, invece, crea un modello, allarga una sana competizione, e innanzitutto  afferma il merito”.

Dal suo privilegiato punto di vista racconta che i ragazzi arrivano in prima liceo con dei buchi di ortografia che paiono delle voragini. A tal punto che sono costretti a ricominciare dai dettati. “L’altro giorno un ragazzo ha classificato una come aggettivo”, racconta.  E dire che di anni seduto al banco ne ha già fatti diversi: 5 di elementari e  tre di medie.

Eppure lo sappiamo. “Tutti, dalle famiglie ai professori passando per gli alunni, sappiamo quali sono gli insegnanti più bravi. Quelli che alla fine riescono a ottenere i migliori risultati in termini formativi. E allora, visto che giustamente abbiamo voluto tanto l’autonomia, utilizziamola: e diamo ai presidi questa centralità nella valutazione. Alla luce del sole, e con trasparenza”.

Paola Mastrocola ammette che i temi sono delicati, ma sostiene anche che questa legge a suo parere presenta “un fatto positivo”. Eccolo:  finalmente qualcuno giudica il nostro lavoro, e dice a tutti chi sa farlo e chi invece non è capace. Semmai c’è da discutere su quali sono le categorie con le quali si valuta la bravura di un insegnante”.

Già, qual è un buon insegnante?  Lei risponde con una domanda: “È un bravo insegnante quello che sa fare bene la sua lezione o chi riesce a coinvolgere i ragazzi, a recuperare quelli che stanno indietro, a comunicare con loro?”

Per chi ha masticato un po’ di lingue antiche pare proprio una domanda retorica…

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