“Mi chiedo se è  possibile che una professione estremamente delicata venga gestita a livello di selezione del personale in modo così superficiale”. Daniele Novara, pedagogista, direttore del centro  psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti (Cpp) non si è fermato allo sconcerto sull’ennesimo caso di maestre arrestate per maltrattamenti sui bambini. Ma punta il dito contro i filtri che dovrebbe far capire a chi decide di diventare maestra se la sua scelta è giusta o se “danneggerà non solo gli altri ma anche se stessa”.  In sintesi: se sbagliano mestiere non c’è nessuno che che può fermarle prima di entrare in classe perché i criteri di selezione sono troppo superficiali.

Riflessione sugli arrestati di maestre di Asilo Nido e Scuola dell’Infanzia

“L’insistenza con cui le Forze dell’ordine negli ultimi giorni e anche negli ultimi tempi arrestano in Italia maestre di Asili Nido e Scuole dell’Infanzia che maltrattano i bambini e le bambine necessita di una riflessione che vada al di là del puro e semplice sconcerto, che sia in grado di capire come possono succedere questi fatti.

Il problema principale risiede nella totale inconsistenza del sistema di reclutamento, sia pubblico che privato, degli insegnanti e degli educatori. Tolte alcune eccezioni di Centri Educativi decisamente di qualità, il sistema è basato sull’idea che da un lato i bambini piccoli possono essere gestiti da chiunque, basta avere amore o interesse per gli stessi, e nell’ambito dell’insegnamento conoscere la materia diventa il lascia passare per acquisire la cosiddetta cattedra.

Niente di più falso. Ci sono specifiche e imprescindibili condizioni che si impongono rispetto alla scelta del personale scolastico, sono due e attengono alle qualità anzitutto personali di chi intende svolgere questa professione.

La prima è una sufficiente capacità di gestire le proprie emozioni in quanto i soggetti in età evolutiva, siano essi bambini più o meno piccoli o adolescenti più o meno scalmanati, attivano delle proiezioni emotive che soltanto persone non solo preparate ma anche predisposte sono in grado di contenere rispetto a se stesse. In altre parole è impensabile che il soggetto con gravi difficoltà di autocontrollo emotivo possa in alcun modo svolgere le attività di carattere educativo e scolastico.

La seconda condizione imprescindibile è la capacità di gestire non tanto i singoli bambini quanto i singoli bambini dentro il gruppo poiché tutte le attività educative sono di carattere sociale e non individuale. Pertanto la condizione indispensabile di professionalità è la competenza nel condurre un gruppo di bambini, alunni, studenti.

Come del resto in tutte le altre professioni, per queste due prime condizioni è assolutamente necessario attivare perlomeno dei test psico-attitudinali che permettano di capire la reale predisposizione e non semplicemente il desiderio astratto più o meno istintivo di voler svolgere questo lavoro.

È veramente grave che permangano metodi di reclutamento basati su aspetti puramente intellettualistici, come prova scritta e prova orale, senza alcun filtro che permetta di guidare l’aspirante insegnante in maniera da capire se sta facendo la scelta giusta o se danneggerà non solo gli altri ma anche se stesso. Che i metodi di selezione del personale siano sottovalutati mi proviene anche da un’esperienza personale. Sono stato contattato come pedagogista esperto da un’importante comune italiano per far parte della commissione di selezione di un concorso pubblico per operatori/operatrici della prima infanzia con una proposta economica che non copriva neanche le mie spese di viaggio. Mi chiedo se è possibile che una professione estremamente delicata venga gestita a livello di selezione del personale in un modo così superficiale.

I bambini sono il nostro futuro e non possiamo in nessun modo consentire, sulla base di presunte necessità di tagli alle spese, che persone inadeguate se ne occupino.

novaraA tu per tu…

Parliamo di reclutamento. Come funziona?
“Non esiste un unico criterio. C’è il sistema privato puro dove basta un corso di poche ore per poter aprire a casa tua un asilo. Poi ci sono le cooperative alle quali i comuni danno in appalto i servizi dell’infanzia. Poi i servizi cattolici, il pubblico puro, gli asili nido dei Comuni… Sono troppo variegati i criteri. E in questa frammentazione, quello della professionalità, in questo caso necessariamente pedagogico, non è sempre seguito.  Anzi le dirò di più, non è neppure prioritario…”

Ci spieghi meglio.
“Ci sono concorsi dove  per essere assunti nel settore 0-6 anni la prova prevista è una simulazione di lezione. Lezione? Di che lezione si parla in quella fascia di età. Per motivi di risparmio vengono scelti profili di reclutamento che non hanno caratteristiche psicopedagogiche. Il ministro Giannini ha lanciato l’ennesimo concorso per 64mila insegnanti. Come l’ultima volta fanno un primo test di selezione, quello più importante. E su che base? Sulla base di capacità logica, informatica, lettura del testo e lingua inglese. Ma questi criteri  vanno bene anche per assumere i receptionist di un hotel.  E invece non gli si chiede la differenza tra la gestione di un bambino di 6 anni rispetto ad un bambino di 10 che invece è essenziale. O come rapportarsi a un ragazzo adolescente. Oppure la disposizione della classe in funzione delle attività da svolgere. E’ come se per assumere un macchinista di un treno non si verificasse se ha paura della velocità… In un mondo normale innanzitutto viene valutata la predisposizione personale visto che segna il futuro delle prossime generazioni. Invece viviamo nella trascuratezza dei principi educativi. Ed esportiamo le eccellenze. Pensi alla scuola Montessori…”

Da noi sono delle rarità...
“…e invece nel mondo si trovano ovunque, fino negli  sperduti paesini dell’Irlanda mentre qui in Italia bisogna fare una ricerca su internet per scovarne una. Abbiamo dei vuoti, delle carenze. Il ministero ha abbandonato una visione pedagogica della scuola assumendo una gestione manageriale. Le assunzioni del personale sono funzionali all’organizzazione e non alla qualità. Sappiamo che una buona scuola è fatta da buoni insegnati. E quindi anche di metodo. Metodo? Neanche a parlarne. Ognuno nella sua classe continua a fare quello che vuole. Ogni alunno nella sua classe ha avuto insegnanti sconclusionati che continuano a fare quello che vogliono…

…e  sono illicenziabili.
“Sa quanti ragazzi seguo… L’insegnante viene giudicato solo se fa cose gravi che riguardano la giustizia penale ma non per la sua professionalità”.

Parliamo di formazione.
“Le dico una cosa brutale: è come se in ospedale decidessero di eliminare la medicina come scienza e decidessero di affidarsi solo ai radiologi. Tablet, lim, didattica digitale sono strumenti. Il metodo è un’altra cosa. E’ la capacità di organizzare l’apprendimento. Buona scuola è fatta da buoni insegnanti che hanno un metodo.  Da 20 anni non c’è un programma di formazione obbligatoria per gli insegnanti. Ora quasi tutti hanno usato il bonus per i dispositivi elettronici. Eppure sarebbe bastato vincolarlo alla formazione vera, cioè corsi. Esempio? La gestione della classe come gruppo”. 

E per i bimbi più piccoli ci vorrebbe ancora più attenzione.
“Sui bimbi piccoli, sui nidi ogni regione ha i suoi criteri. Legittimi, sicuramente adeguati ma non c’è trasparenza perché ci si affida alle cooperative e alle società private sulle quale occorre vigilanza. Bisogna imparare la professione, non ci si può improvvisare. Insegnare  è un lavoro impegnativo, difficile che implica un coinvolgimento emotivo. Occorre che le istituzioni pubbliche se ne occupino specie per i bambini più piccoli. Tutte le ricerche dimostrano che se frequentato l’asilo nido di qualità  consente di avere chance in più rispetto a chi è stato con i nonni. Occorre investire per avere istituzioni di qualità, non si può lasciare al fai da te”.

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