Perché la Cina segue la Russia nel bloccare le sanzioni contro la Siria pur sapendo che una politica del genere la rende odiosa al mondo arabo? Per motivi molto differenti da quelli di Mosca ma che la obbligano ad appoggiare la politica araba del Cremlino.

La Russia contrariamente alla Cina, ha in Siria interessi storici e strategici. Specie dopo la guerra con Israele nel 1973 e il passaggio del presidente egiziano Sadat e poi di Mubarak sotto l’egida americana, la Siria era rimasta la sola sicura base politica di Mosca nel Medio Oriente. Da lei Assad padre e figlio avevano ricevuto garanzie politiche e diplomatiche, armamenti e investimenti in cambio di basi navali e non ultimo, una costante irritante opposizione a Washington.

Da questi diretti coinvolgimenti la Cina si era sempre tenuta fuori preoccupata sopratutto di garantirsi approvigginamenti energetici in Iran. La sopravvivenza di Assad non sembrava giustificare il costo dell’uso del veto al Consiglio di Sicurezza che Pechino ha sempre usato con moderazione e per difendere suoi interessi come in Birmania e nello Zimbabwe.

Quello che sembra aver determinato la decisione cinese di usare per ben due volte il veto a sostegno di Assad sono considerazioni politiche e ideologiche. Politicamente non dispiace a Pechino crearsi un credito presso Mosca con cui ha interessi territoriali ed economici enormi. Inoltre, il governo cinese é sempre più preoccupato dell’ondata pro democratica e anti dittoriale che sta abbattendosi sul mondo arabo africano e asiatico. La caduta di Assad in Siria potrebbe non solo favorire il gioco occidentale ma ispirare una “primavera rivoluzionaria” in Cina dove i movimenti autonomisti nel Tibet e nello Singkiang oltre alle sommosse per cause sociali ed economiche destano già abbastanza preoccupazioni. Senza contare che vista da Pechino, la situazione in Russia sembra instabile. Se il regime autoritario di Putin fosse scosso, quello comunista cinese rimarrebbe il solo ad affrontare le richieste di democrazia.