Conte sente il peso delle dure parole dei Vescovi e anticipa l’apertura delle Chiese. A messa già dal 10 maggio. Come è giusto che sia. Peccato, però, che gli imprenditori, i commercianti e gli artigiani non abbiano la stessa voce. Grossa, potente. Tanto quanto quella della Sancta Romana Ecclesia. Giuseppi ha paura di inimicarsi la Chiesa. E’ bastata una lettera per far tremare la mandibola al premier. Non appena ha letto l’intestazione “CEI” se la sarà fatta sotto. Da buon devoto a Padre Pio.

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Poche, semplici parole: “Il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”, tuonano i vescovi, aggiungendo: “alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia. I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.

 

Le domande degli italiani di queste ore (cattolici e non) sono legittime. Se si potrà partecipare alla celebrazione eucaristica (finalmente), perché non si può andare a comprare una maglietta o mangiare un gelato con le dovute precauzioni? Due pesi e due misure verrebbe da dire. La Chiesa porta con se il peso del consenso, gli imprenditori no. Solo quello dei debiti. Che li stanno strozzando. Apriamo Chiese e negozi, bar e gelaterie. Viviamo. Facendo attenzione. Altrimenti la Chiesa sarà costretta a celebrare i funerali del nostro Paese. 

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