Tra gli addetti ai lavori e autorevoli Critici d’Arte italiani il nome di Bartolomeo Pietromarchi (nato nel 1968) non dice molto, eppure il Ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi l’ha scelto come Curatore, tra una rosa nutrita di nomi e concorrenti, alla guida del Padiglione Italia alla 55ma Biennale d’Arte di Venezia 2013. Eppure di candidati autorevoli ce n’erano, da Vincenzo Trione docente allo Iulm di Milano e Critico del Corriere della sera a Francesco Manacorda chiamato da poco a dirigere la Tate di Liverpool, da Gianfranco Maraniello direttore del Museo Mambo di Bologna a tre donne candidato tra cui Beatrice Merz direttrice del Castello di Rivoli. Intanto c’è da dire che un
malumore sale da ogni parte d’Italia, per via di un introvabile ministro Lorenzo Ornaghi. Dice Angela Rorro della GNAM di Roma : “ Siamo un ministero orfano”. Penosa la situazione grave in cui versano i Musei italiani,dal Maxxi di Roma commissariato fino a novembre, al Madre di Napoli museo in perenne default. E che dire dell’assenza di Ornaghi alla presentazione a Roma dell’Ottava Giornata del Contemporaneo organizzata dall’Amaci per sabato 6 ottobre con
840 spazi aperti a tutti. Forse il ministro ama più le banche dei musei, come dice Ludovico Pratesi vicepresidente dell’Amaci. Ma veniamo alla nomina in questione. La stessa Beatrice Merz candidata a curatore della Biennale 2013 osserva : “ Come altri colleghi sono stata contattata a fine agosto dal ministero con una lettera. Mi è stato chiesto di presentare un progetto entro un mese e così ho fatto,ma non ho ancora ricevuto una risposta”. Beh, la risposta adesso è arrivata non per lettera, ma con la nomina di Pietromarchi. Un abisso tra il nome di Pietromarchi sconosciuto a tutte le istituzioni culturali straniere e a intellettuali di peso di istituzioni estere che si aspettavano un nome radicato nel tessuto dell’arte contemporanea, come lo sono studiosi e amici come Achille Bonito Oliva, Vittorio Sgarbi, Luciano Caramel, Flavio Caroli, Angela Vettese e altri, e il direttore della Biennale Massimiliano Gioni che dovrà adesso pensare al tema per la mostra principale. Non brilla di curriculum Bartolomeo Pietromarchi, alla guida del Macro di Roma dopo essere stato direttore artistico della Fondazione Olivetti dal 2002 al 2008 , con qualche piccolo incarico all’Hangar Bicocca a Milano e curatore del Premio Italia al Maxxi di Roma. Una cosa è certa, che il nuovo dell’Arte Contemporanea non lo troveremo quest’anno alla Biennale perchè nel suo progetto presentato al Ministero si legge : “ Un lavoro sull’arte italiana più storica che giovane”. Oddio la sua uscita parte da un suo libro, anch’esso sconosciuto, “Italia in Opera” dove l’autore lascia intendere come alcuni temi sono sempre presenti nel corso di cinquant’anni negli artisti italiani…”. Il che vuol dire che Pietromarchi guarda e lavorerà all’arte della Biennale non per movimenti o per generazioni,ma su temi che tornano e ritornano nell’ambito del discorso artistico”. Che squallore, ritorniamo indietro di cent’anni e forse più quando imperavano in Italia le scuole regionali con i paesaggini e donnine alla toelette. Pensate che questo signore un po’ sconosciuto dice che rispetto al Padiglione Italia della precedente Biennale di Sgarbi che definisce “un’interessante esperienza di antropologia dell’arte”- Pietromarchi dà lezione a Sgarbi- , sostiene di voler esercitare una “funzione di scelta”. E il Ministro Ornaghi che di arte moderna e contemporanea non conosce nulla sottolinea che il progetto di Pietromarchi “potrà rappresentare in modo significativo il ruolo dell’arte italiana contemporanea nel quadro dei cambiamenti,estesi e profondi,che caratterizzano questa fase storica del Paese”. Fase storica che ha portato i tecnici al governo e che in fatto di cultura e arte non hanno fino ad oggi manifestato nessun interesse.

Carlo Franza

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