Andrea Felice(1961), architetto e artista, è docente di Produzioni Cinematografiche con animazione e SFX presso il Corso di Laurea in Scienza dei Nuovi Media, Università Tor Vergata di Roma e di Scenografia Cinematografica presso il Corso di laurea Magistrale in Architettura – Interni e Allestimenti, Università La Sapienza di Roma. Ma accanto alla spiccata docenza egli eccelle nell’arte italiana contemporanea perchè ha innovato il paesaggio italiano e non, alla luce dei nuovi media che utilizza nelle sue opere con spettacolare lucidità, cultura, bellezza e mimesi. Ora una sua mostra con grandi opere che raccontano le bellezze e i monumenti delle nostre città, mettendo in risalto i beni culturali che altre nazioni ci invidiano, vive come una sorta di omaggio all’interno della Sala Hoffmann del Plus Berlin di Berlino, invitato nel Progetto “Strade d’Europa” nella capitale tedesca, cuore d’Europa, specchio di un’arte di frontiera, assolutamente in movimento, ipermoderna, ipertesa, ipercolta, mente e cuore, ma anche progetto e destino della comunicazione estetica. Il progetto è locato in un edificio neogotico – già nobile scuola di grafica – con cent’anni di storia alle spalle, a ridosso del più lungo tratto superstite dell’ex Muro di Berlino, nel quartiere di Friedrichshain, la zona più movimentata della città, ricca di art cafè, locali, negozi di abiti vintage, antiquariato, musica e altro,offre con questa mostra che presenta ben venticinque grandi opere dell’artista romano un chiaro esempio della grande movimentazione dell’arte italiana ,capace ancora di dare segnali forti. Andrea Felice è certamente campione di questa innovazione forte del paesaggio italiano,di questo racconto mirato sulle grandi città italiane,ad iniziare da Roma,caput mundi, e di quello straniamento non folcloristico ma illuminante capace di riportare in vita capolavori architettonici e zone urbane di enorme interesse storico. L’artista romano non è solo protagonista di un’arte nuova ma sorvola su ogni culto del transitorio per porgere a tutti una sorta di culto dell’eterno, quell’eterno che ormai transita creativamente all’interno delle sue opere che descrivono, raccontano del passato del presente e del futuro, e vivono quasi ere futuribili.
La sua storia pittorica è come un’epopea, un giornale perpetuo, uno zibaldone del presente e del futuro capace di raccontare viaggi come quello dell’islandese di memoria leopardiana, con tensioni spirituali calligrafiche ed elementare surreologia ad infinitum, con tracce di produzione agevolata dal continuum emotivo, ininterrotto, fantastico e palpabile e immagini di paesaggi per lo più cittadini e non, in cui la vita scorre con ripetitibilità alienativa meccanica e surreale. Attinge all’esperienza sua lavorativa la sperimentazione che ha portato Andrea Felice a misurarsi su un racconto da “tour”, dove megalopoli, metropoli ed ecumenopoli affondano nei procedimenti effettuali fino al gioco mobile di esse. Mondi del terzo millennio hanno catturato il linguaggio di Andrea Felice e gli stessi neologismi grafici hanno le loro radici nelle componenti della cultura più à la page. Una costante parodia della realtà modificata vive in questi lavori di Andrea Felice,che è condizione efficace della sua ironia creativa, del collegamento ad essa di apparenti luoghi comuni figurali con i significati della vita,della filosofia degli atteggiamenti umani,della responsabilità e dell’interpretazione autonoma e umorosa di un’antologia del possibile, di apocalissi immaginifiche come rivoluzioni di selezioni e polisemie fenomeniche. Tutto si rapporta a una nuova società barocca che preme sui confini del terzo millennio, di una civiltà barocca inscritta in contingenze surreali significate con divertita passione dall’artista, gioco di fiaba e formalizzazione godibile intensa. L’operazione estro che raccoglie architetture, città, paesaggi,scenari diurni e notturni, lascia trasparire un impegno non comune, di lettura visiva contenutistica affiancata a una perizia tecnica sorprendente. Dal fumetto alla fantasy, dal gioco al simbolo, dal razionale all’immaginifico, tutto lascia trasparire l’instabilità storica, il clima mentale,le istanze dei linguaggi, l’autonomia convesso/concava di quel sogno umano che è l’irrealtà, riproposta come problematica del mondo,comprese le peculiarità emotive e gli asimmetrici modelli della sopravvivenza. Nelle opere di Andrea Felice squadernate come un’epopea nuova,tutto si svolge in una liricità cospicua,redatta con sentimento del sogno vivace e coscienza estetica duttile, ma anche scoperta di una teatralità e rapsodia di momenti retorici suggestivi, annaffiati da empirismo della sensibilità; e tutto preparato per una lettura corposa il più immediata possibile,capace di svelare il valore delle icone perchè queste opere/ commento, visioni/didascalia, configurazioni/notizia si annunciano sia con il linguaggio magico che con la stratificazione di un colore informale e fiabesco. L’artista Andrea Felice appare subito una personalità dotata di qualità meditative e allegoriche straordinarie,capace di valutare sia una discesa agli inferi che un viaggio iperuranico, per cui il codice del gioco corrisponde in tutta felicità alla messa in questione magica del suo spirito pittorico. Pur con tutte le varianti barocche di lettura del paesaggio le mitizzazioni sperimentali gli hanno dettato espliciti moventi di autonomia creativa,spazi luminosi e lontani, architetture oggettive e stupefazioni contenutistiche. Da tutta questa cultura oggettiva,efficace, il limpido e crescente lavoro di Andrea Felice mima per certi aspetti le aristocrazie di uno spettacolo che egli ha letto nel mondo classico, prospettando talvolta anche l’idea di nostalgia della fiaba, porgendoci dunque un mondo contemplato con soave humour senza uscire dall’affabulazione irreale, quotidiana, di questa festa didascalica che scivola sottilmente in tutte le sue opere,caricandole di magia, anzi di grande magia.

Carlo Franza

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