E’ una umanità desolante quella che l’australiano Ron Mueck (Melbourne 1958) presenta con le sue sculture neoiperrealiste,  esposte a Parigi presso la Fondation Cartier per l’art contemporain, ritornandovi con questa nuova personale  dopo il successo riscontrato nel 2005. Nove sculture  di grande formato sbattute in faccia al visitatore, tanto da sorprenderlo, forsanche spaventandolo, ma cariche di una forza evocatrice potente e impressionante, dove la  forma umana è colta nei suoi momenti di riflessione, di abbandono, di scoramento. Uomini, anziani, neonati, bambini, donne, tutto appare come una umanità in cammino, dove il mestiere di vivere e il dolore, non solo quello ungarettiano ma anche quello montaliano degli “Ossi di seppia” o le tracce  di “terra desolata” di Eliot vi compaiono per darci una cornice di lettura più densa e più vera. Mueck ha ossessionato  tutti  fin  dal suo esordio avvenuto nel 1996. Ora la mostra aperta fino al 29 settembre 2013 ci svela una presa di coscienza sulla solitudine dell’uomo, una  storia graffiante di individui alienati e sofferenti, rassegnati e consapevoli, alla ricerca di una via d’uscita. Sculture a dimensione più che umana, di un realismo più vero del vero, con l’ utilizzo di un carnato sorprendente, e persino di peli e capelli reali, con i rossori e le pieghe della pelle che raccontano gli anni e le emozioni svelate ad esempio negli occhi  della donna che porta i rami. I soggetti rappresentati da Mueck non sono mai a dimensione umana , o giganti o lillipuziani, tanto da turbare vivamente il visitatore. Delle nove sculture, sei sono abbastanza recenti, tre sono state realizzate appositamente per la mostra,sculture in materiali polivinilici, resine e materiale vario. Tra queste solo un animale, ovvero un pollo di dimensioni notevoli appeso a testa in giù che cozza quasi con la testa dei visitatori, poi l’umanità che lavora rappresentata dal carico di rami raccolti in fascina e trasportati da una una donna ormai sfatta, l’ umanità spaesata  dell’uomo migrante infreddolitosulla barca,  il dolore del ragazzo sbigottito per il ferimento  al costato, una timida coppia di fidanzatini  impauriti dal futuro  che li attende, una madre con neonato  ancor poveri con tra le mani due buste di spesa, una coppia di anziani distesi in spiaggia e  ormai raggiunti da una routine paradossale, fino a una grande maschera vuota e un nuotatore in piscina che evidenzia una sua abbronzatura chimica e innaturale. Mostra da non perdere visto che Mueck è il maggiore scultore
iperrealista dei nostri tempi, ancor più di Duane Hanson  che fin dagli anni Sessanta del Novecento inaugurò il genere. In mostra anche un documentario del fotografo  Gautier Deblond  in cui si mostrano la genesi e le lavorazioni delle sculture esposte.

 Carlo Franza

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