L’Italia è, inutile nasconderselo, in default. Emigrano già da un po’ le industrie  italiane, non solo in Svizzera ma anche in Carinzia(Austria),  adesso anche l’arte italiana dopo un biennio di asfissia, trova aria pura e vita  solo all’estero. Proprio così, se volete vedere una “mostra di rilievo” vi tocca spostarvi fuori dai confini, diversamente ci  tocca sorbirci quelle quattro mostre del cavolo, come a Milano e Roma, che ci propinano comune e provincia.  Alla Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra (39a Canonbury Square) parallelamente alla mostra di sculture e disegni di Emilio Greco (1913-1995), un intervento con opere provocatorie di Enrica Borghi che si confrontano con la società dei consumi e le questioni ambientali. L’artista italiana è  nata a Novara nel 1966, si è diplomata in
scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera, e vive e lavora ad Ameno, presso il Lago d’Orta e a Berlino.
Second Life”il titolo della mostra della Borghi , in esposizione a Londra da Ottobre a Dicembre 2013, è un progetto
curato dalla collega  Giovanna Nicoletti, critica d’arte e giornalista. Enrica Borghi  ha iniziato  a esporre le sue opere dai primi anni ‘90, presentando installazioni antropomorfiche realizzate con carte per dolciumi, buste di plastica e altri materiali non biodegradabili. Negli anni ha utilizzato questi materiali per creare opere che attingono all’iconografia classica, esplorando l’immaginario tradizionalmente associato alla dimensione femminile e domestica. I piccoli rituali e ossessioni della vita quotidiana – dal fare la spesa alla ricerca di piacere e di piacersi, e la difficoltà di aderire a modelli di bellezza precostituiti – sono presenti nelle sue opere di pari passo con i grandi temi del presente, come l’ecologia e la necessità di eludere un sistema generale che istiga al consumo. Questa installazione prende diverse opere del museo come punti di partenza per approfondire le tematiche maggiormente affrontate dalla  Borghi. Ad esempio, a fianco a Impressioni di Boulevard: donna con veletta di Medardo Rosso troviamo  esposto un busto di Venere, una seducente scultura neoclassica, apparentemente ricoperta di scaglie luccicanti. Guardando più da vicino, queste risultano essere unghie finte smaltate di rosso scuro: elementi che sono allo stesso tempo fragili e forti. L’Idolo Moderno di Boccioni serve come pretesto per analizzare il tema della luce riflessa. In queste opere, cuffie dalle molte sfaccettature create con ritagli di bottiglie di plastica diventano armature costruite per difendere la precarietà della bellezza.  Boulevard di Gino Severini è immaginato come una grande coperta di pezzi di plastica e contenitori Tetra Pak intrecciati l’uno con l’altro. Basandosi sul fatto che gli imballaggi sopravvivono agli oggetti in essi contenuti, la Borghi realizza Patchworkcity nella forma di una mappa urbana dove le confezioni di Tetra Pak ammiccano tra loro. Questi a loro volta costruiscono grappoli di agglomerati abitati che imitano la struttura topografica di una città. La decorazione come forma simbolica e come analisi della materia del contemporaneo, capace di trasformare l’utilizzo dei materiali che diventano da contenitori a oggetti autonomi, è dunque il tema prevalente di questo intervento, che dalla collezione muove verso l’edificio e viceversa. Le finestre e l’entrata sono state  decorate da strutture applicate all’edificio (come nel caso di un “mosaico” traslucido che copre le finestre della Estorick Collection) o che occupano  i suoi spazi interni, come un’opera intitolata Nebula sospesa dal soffitto. Secondo l’artista, l’utilizzo di materiali scartati è una metafora della società contemporanea, occupata in un ciclo vertiginoso di produzione e consumo. Vi dirò di più, basterebbe solo quest’artista con la sua lezione artistica a far grande l’Expo 2015 di Milano, perché la sua è proprio una lezione magistrale.  

 Carlo Franza

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