Dai Musei Vaticani, “La Madonna di Foligno’ di Raffaello, è arrivata a Milano per una esposizione straordinaria, vero dono di Natale, e può esserec ammirata fino al 12 gennaio. E’ un “regalo” alla città da parte di Eni, con la collaborazione dei Musei Vaticani che hanno messo l’opera a disposizione. Quest’anno l’opera-capolavoro l’avrei esposta in Duomo, e invece se ne deve far vanto questa amministrazione che fa proprio poco, anzi nulla, per la Cultura. Nel 2012 la scena era stata offerta ad ‘Amore e Psiche’, (la mostra più visitata d’Italia). “E’ il sesto anno – ha sottolineato l’ad di Eni Paolo Scaroni – che facciamo questa iniziativa che è all’insegna del coraggio”.E ancora:”Siamo stati i primi al mondo a scegliere di esporre una sola opera. E’ un tipo di coraggio che in Eni conosciamo bene: viviamo nel rischio in paesi difficili e tra attività di esplorazione alla ricerca di idrocarburi che sono esse stesse rischiose, ma abbiamo costruito successi incredibili”. Quello con la Madonna di Foligno “è un appuntamento dei milanesi ed Eni è soprattutto milanese”. L’opera è uno degli apici della pittura universale – ha osservato Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani – e documenta il momento storico nel quale Raffaello (c.1511-13) incontra il colore veneziano. Non si può essere più bravi di così. Oltre non è possibile andare nella rappresentazione della bellezza”.Capolavori protagonisti delle precedenti edizioni sono stati: La Conversione di Saulo di Caravaggio (dalla collezione Odescalchi), San Giovanni Battista di Leonardo da Vinci (2009), Donna allo specchio di Tiziano (2010), Adorazione dei pastori e San Giuseppe falegname di Georges de La Tour (2011) e Amore e Psiche stanti di Antonio Canova e Psyché et l’Amour di François Gérard (2012) (dal museo del Louvre). Adesso grazie al prestito dei Musei Vaticani è arrivata questa famosa opera rinascimentale dipinta da Raffaello tra il 1511 e il 1512,che di fatto è un pannello in legno trasferito su tela dalle imponenti dimensioni di 301 x 198 centimetri. La tavola fu commissionata da Sigismondo de’ Conti, illustre umanista di Foligno e segretario di Papa Giulio II. Doveva essere collocata sull’altare della chiesa di Santa Maria in Aracoeli sul Campidoglio a Roma, ma venne poi trasferita nel 1565 alla chiesa di S. Anna presso il Monastero delle Contesse a Foligno. Portata in Francia da Napoleone nel 1797, in seguito al Trattato di Tolentino, entrò a far parte della Pinacoteca Vaticana nel 1816. Con questo dipinto, Sigismondo de’ Conti, ritratto in preghiera genuflesso sulla destra, voleva ringraziare la Vergine per aver salvato la sua casa di Foligno uscita prodigiosamente integra dopo essere stata colpita da un fulmine. Un episodio rievocato dal paesaggio sullo sfondo e dal piccolo angelo al centro della scena che regge una targa senza iscrizione come segno del voto esaudito dalla Madonna. L’iconografia del dipinto è ispirata a una storia narrata nella Legenda Aurea: nel giorno di Natale, la Vergine e il Bambino sarebbero apparsi ad Augusto, davanti al disco solare, circondati da angeli, e l’imperatore, rinunciando a farsi venerare come un dio, avrebbe riconosciuto la grandezza del Bambino e consacrato il luogo della visione alla Madonna. Madre e Figlio sono rappresentati nella parte superiore della pala, al di sotto, in terra, San Giovanni Battista, San Francesco, il committente e San Girolamo, considerato il primo segretario pontificio, che partecipano alla visione. Sullo sfondo sono rappresentati due fenomeni celesti che illuminano un centro abitato: un arcobaleno dai colori poco definiti e un corpo infuocato che precipita su una casa. Quest’ultimo è stato variamente interpretato come bombarda, cometa o meteorite, ma va ricondotto, con ogni probabilità, alla scampata morte di Sigismondo che fu all’origine dell’opera. Il dipinto che vediamo oggi subì una delicatissima operazione di trasporto del colore dalla tavola alla tela, durante la sua permanenza a Parigi in età napoleonica. Questa operazione, considerata oggi fortemente invasiva, ha permesso però di conservare nel tempo questo capolavoro, giunto a noi intatto nella sua cromia originale. La Vergine con Gesù Bambino tra le braccia siede su un trono di nubi e a farle da schienale è un disco solare che emerge in mezzo a un affollato coro di angeli che si confondono tra le nuvole. Ma colpiscono per fattura anche gli altri personaggi; San Gerolamo in abito cardinalizio che presenta Sigismondo alla Vergine, San Giovanni Battista, sulla sinistra, ricoperto di pelli, che indica la visione celeste, davanti alla quale si inginocchia san Francesco; l’ordine francescano custodisce, infatti, ancora oggi la chiesa di Santa Maria in Aracoeli alla quale il quadro era originariamente destinato e dove voleva essere seppellito l’ottantenne Sigismondo. L’arte di Raffaello è tale da rendere viva, vivissima, una sacra conversazione tra i santi e la Madonna, in cui si trova coinvolto anche lo spettatore. L’occasione, unica, per la verità porta a documentare il “Raffaello lombardo”, ovvero le sei opere che si trovano inLombardia. Tre opere che si trovano nei musei milanesi: il cartone preparatorio della “Scuola di Atene” all’Ambrosiana di Milano; il Crocifisso delle collezioni della casa museo Poldi Pezzoli; lo “Sposalizio della Vergine” uno dei capolavori della Pinacoteca di Brera, dove arrivò dall’Ospedale Maggiore. Ma un “Cristo” lo troviamo anchealla Pinacoteca di Brescia e un “Angelo” alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia; senza tralasciare un “San Sebastiano”, attualmente in restauro a Brera, della collezione dell’Accademia Carrara di Bergamo.

 Carlo Franza

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